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Vera gioia

FOTO DI © SILVIO MENCARELLI/SINTESI

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Sabato della XXVI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Gb 42,1-3.5-6.12-16; Sal 118; Lc 10,17-24

Riflessione biblica

“Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc 10,17-24). L’entusiasmo di aver partecipato ad un’esperienza apostolica è gratificante: ci si sente pieni di gioia, orgogliosi di essere stati strumenti di grazia nelle mani di Dio. Il richiamo di Gesù non vuole spegnere tale l’entusiasmo, anzi lo stimola: “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,9). È il fuoco dello Spirito, anima di ogni apostolato, che annuncia Gesù e la sua salvezza. Se tale “fuoco di amore” si accende nel nostro cuore “non viviamo più per noi stessi, ma per colui che è morto e risorto per noi” (2Cor 5,15), ci lasceremo trasformare dal suo Spirito, fuoco divino sceso a Pentecoste sui discepoli di Gesù (At 2,2-4). L’avvertimento di Gesù ha di mira solo quel sottile inganno egoistico, misto di vanità e di superbia, che può sorgere nel cuore: sentimento di potenza che ci fa attribuire alle nostre capacità la salvezza donata ai fratelli: “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che fa crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio che fa crescere. …. Siamo collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio” (1Cor 3,6-9). La nostra gioia deve essere quella di Gesù: “esultare di gioia nello Spirito Santo”. Per mezzo di lui, la parola di Dio realizza il progetto di amore del Padre: cambia i cuori, ci libera dalla potenza di Satana e ci fa produrre il frutto dell’amore, che è gioia, pace e pazienza per tutti, ma anche dominio di noi stessi (Gal 5,22). La gioia del cristiano sta proprio nell’essere in comunione con Dio e nel porre Gesù come fondamento della vita spirituale e del nostro apostolato: “Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” (1Cor 3,11-13). Operiamo nell’umiltà e nella sapienza dello Spirito, che ci insegnerà le vie per portare fede e amore nel cuore degli uomini.

Lettura esistenziale

“Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Lc 10, 20). Il nome è parte essenziale di noi stessi ed esprime la nostra identità. Nel libro del profeta Isaia leggiamo: “Non temere, io ti ho chiamato per nome. Tu mi appartieni” (Is 43,1). Com’è bello sapere che Dio ci conosce, ci chiama per nome e ci invita ad ascoltarlo quando ci parla. Il fatto che Dio ci chiami per nome manifesta che nessuno di noi ai Suoi occhi è uno tra i tanti, al contrario per Dio ogni persona è unica ed Egli instaura con ciascuno una relazione individuale. Quando Gesù Risorto pronuncia con tanto amore il nome di Maria Maddalena, questa si sente rigenerata e guarita dalle sue lacerazioni interiori e diventa una persona nuova. “Quando pensi al tuo nome, immagina che Gesù in questo momento ti stia chiamando. Gesù rigenera anche te quando pronuncia il tuo nome. Si rivolge a te, rivolge a te il suo sguardo. La sua voce e il suo sguardo ti trasformano nell’immagine unica che Dio ha di te, nell’immagine bella e nuova che rispecchia la gloria di Dio in modo puro. Quando Egli pronuncia il tuo nome vuole dirti: “È bene che tu esista. È bene che tu sia qui. Puoi essere come sei. Sei unico. Io ti sostengo. Ti amo. Ora accettati a tua volta. Chiama te stesso con il tuo nome e ricolmalo di tutta la dolcezza di cui sei capace” (Anselm Grün).

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