Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Venerdì della XXIII settimana del Tempo Ordinario
Letture: 1Tm 1,1-2.12-14; Sal 15; Lc 6,39-42
Riflessione biblica
“Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro” (Lc 6,39-42). Non c’è dubbio: “uno solo è il nostro Maestro e noi siamo tutti fratelli; uno solo è la nostra Guida, il Cristo” (Mt 23,8.10). Tenendo fermo questo punto fondamentale del nostro vivere cristiano, ne conseguono tre sottolineature importanti: imitare Cristo, non sostituirsi a Cristo, giudicare il fratello con l’amore misericordioso di Cristo. Imitare Cristo: lo sguardo del cristiano deve essere rivolto a Gesù, a Gesù crocifisso: “Quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso” (1Cor 2,1-2). E Gesù stesso ci ha detto: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29). E il suo “giogo dolce e leggero” è il comandamento dell’amore, con cui il cristiano deve sempre agire: “Se io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Se ci guida l’amore di Gesù, non saremo guide cieche, ma guide illuminate dalla luce di Cristo: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Illuminati da Cristo, “comportiamoci come figli della luce; e il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità” (Ef 5,8-9). Se ci guida l’amore misericordioso di Gesù, non giudicheremo gli altri con il metro dell’egoismo e degli interessi personali, ma con lo sguardo misericordioso di Gesù, che ci ha insegnato a “non giudicare, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudichiamo saremo giudicati e con la misura con la quale misuriamo sarà misurato a noi”. Di più: “Non giudichiamo secondo le apparenze, ma con giusto giudizio” (Gv 12,57). E tale giudizio deve cominciare da noi stessi: “tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu” (Gal 6,1), non dagli altri: “Tu, perché giudichi il tuo fratello? E tu, perché disprezzi il tuo fratello? Tutti ci presenteremo al tribunale di Dio, e ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio” (Rom 14,10.12). In ogni caso, la misericordia prevalga sul giudizio. perché “il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia”.
Lettura esistenziale
“Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello” (Lc 6, 42). La correzione fraterna è una pratica largamente presente nell’Antico Testamento, specialmente nei libri sapienziali e profetici e, nel Nuovo, raccomandata dallo stesso Signore Gesù Cristo, com’è ampiamente testimoniato nei Vangeli. Secondo Gesù non è segno di carità e di vero amore lasciare che un fratello nella fede viva senza rendersi conto del proprio peccato.
Chi però vuole correggere qualcuno deve anche essere pronto a farsi correggere a sua volta.
Il dovere della correzione fraterna riguarda in modo speciale e inderogabile alcune persone (pastori d’anime, superiori, genitori, ecc..), ma riguarda anche tutti, perché tutti siamo fratelli in Cristo Gesù nostro Signore e tutti siamo responsabili l’uno dell’altro.
Per correggere l’altro, secondo Dio, si richiede l’umiltà, dobbiamo cioè riconoscere che tutti “manchiamo in molte cose” e tutti abbiamo bisogno della misericordia di Dio.
La correzione va fatta per amore, cioè per il bene dell’anima del fratello, senza giudizio e senza essere mossi da passioni disordinate quali l’ira, il turbamento, l’invidia, la gelosia o altro. Va fatta con dolcezza, ma anche con fermezza, pregando perché il fratello, la sorella, disponga il cuor suo a conversione, lasciandosi correggere e illuminare docilmente.
Ci sono due forme di correzione, entrambe importanti: la correzione attiva, quando correggiamo il nostro prossimo e la correzione passiva, quando ci lasciamo correggere.La correzione ci può venire da Dio. attraverso la voce della coscienza, la Parola, le prove, l’infermità, e ci può venire dal nostro prossimo, attraverso l’avvertimento o anche attraverso il buon esempio.
La correzione fraterna è una delle sette opere di misericordia spirituale. Anche se, da una parte, la pratica di essa comporta una certa fatica, dall’altra parte la ricompensa è grande, infatti scrive San Giacomo: “Se un fratello si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Gc 5, 19s).
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