Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Lunedì dell’VIII settimana del Tempo Ordinario
Letture: 1Pt 1,3-9; Sal 110; Mc 10,17- 27
Riflessione biblica
“Maestro buono, cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10.17-27). A prima vista, questo “tale” sembra ben intenzionato: cerca la perfezione del vivere secondo Dio. Impressionò bene anche Gesù, tanto che l’evangelista annota: “Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò” (Mc 10,21). Eppure, il parlare di questo “giovane ricco” (Mt 19,23) è indicativo. Non chiede “che cosa fare per entrare nel Regno dei cieli”, ma chiede: “cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. Il suo desiderio non era quello di avanzare nella perfezione, ma di accrescere la propria ricchezza personale: “avere in eredità la vita eterna” (Mc 10,17). Non desidera “essere afferrato dal Regno di Dio”, ma di “ereditare”, cioè entrare in possesso del Regno di Dio”. Egli cerca una via speciale per arrivare a tale possesso. Per questo, si rivolge a Gesù come al “Maestro buono”, “l’esperto” che con la sua perizia gli sappia indicare la via più idonea per arrivare a quel possesso, a cui lui aspira. Gesù comprese bene le sue parole e rispose secondo la più genuina tradizione giudaica: “Fonte della sapienza è la parola di Dio nei cieli, le sue vie sono i comandamenti eterni” (Sir 1,5). Di più: “Rifletti sui precetti del Signore, medita sempre sui suoi comandamenti; egli renderà saldo il tuo cuore, e la sapienza che desideri ti sarà data” (Sir 6,37). Da notare un particolare: Gesù non ripropone tutto il decalogo, ma solo i comandamenti dell’amore del prossimo. Infatti, “tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Gal 5,14). Ma, per Gesù, l’esigenza fondamentale e determinante “per avere in eredità la vita eterna?” è un’altra: “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi!” (Mc 10,21). Questa seria di imperativi: “va’, vendi, dallo ai poveri, vieni e seguimi” ha un solo scopo: tagliare i ponti con il passato e seguire Gesù come “la via, che conduce alla verità e alla vita” (Gv 14,6). Non si rinuncia alle ricchezze solo per divenire “perfetti” o per un più efficace cammino spirituale, ma per entrare in comunione con Gesù: egli è “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Ebr 12,2).
Lettura esistenziale
“Allora Gesù, fissò lo sguardo su di lui e lo amò” (Mc 10, 21). Questo racconto esprime in maniera efficace la grande attenzione di Gesù verso le attese, le speranze, le aspirazioni, di ciascun uomo e mostra quanto sia grande il suo desiderio di incontrarci personalmente e di aprire un dialogo con ciascuno di noi. Cristo, infatti, interrompe il suo cammino per rispondere alla domanda del suo interlocutore, manifestando piena disponibilità verso quel giovane, che è mosso da un ardente desiderio di parlare con il “Maestro buono”, per imparare da Lui a percorrere la strada della vita.
San Marco sottolinea come “Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò” (cfr Mc 10,21). Nello sguardo del Signore c’è il cuore di questo specialissimo incontro e di tutta l’esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è principalmente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle.
Possa ogni cristiano sperimentare uno sguardo così pieno d’amore. Un amore, manifestatosi sulla Croce in maniera piena e totale. La consapevolezza che il Padre ci ha da sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre, diventa un fermo punto di sostegno per tutta la nostra esistenza e ci permette di superare tutte le prove.
In questo amore si trova la sorgente di tutta la vita cristiana e la ragione fondamentale dell’evangelizzazione: se abbiamo veramente incontrato Gesù, non possiamo fare a meno di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo.