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Un uomo tanto vale, quanto vale davanti a Dio

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Martedì della VIII settimana del Tempo Ordinario

Lettur: 1Pt 1,10-16; Sal 97; Mc 10,28-31

Riflessione biblica

“Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito” (Mc 10,28-31). Il “giovane ricco” tentennò, Pietro e gli altri apostoli compresero che, se si vuole seguire Gesù, bisogna lasciare ogni ricchezza di questo mondo per possedere Cristo, l’unico tesoro che ci dà la possibilità di entrare nel Regno di Dio. Più tardi lo comprese anche Paolo: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo” (Fil 3,8). Ma non è la povertà in se stessa che mi rende capace di conoscere il mistero di Gesù; essa è solo un mezzo per arrivare a “conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,10). È lasciarsi conquistare da un amore più grande, che afferra tutto l’essere del discepolo di Cristo: ci si libera dal fascino della ricchezza di questo mondo, per essere in comunione con Cristo ed entrare nella logica dell’amore: “tutto abbiamo lasciato per causa di Gesù e per causa del Vangelo” (Mc 10,29). In Gesù e nel suo Vangelo abbiamo trovato “il centuplo”, la pienezza di ogni bene, perché in Gesù “sono racchiusi tutti tesori della sapienza e della conoscenza” (Col 2,3). E in Gesù abbiamo trovato anche la ricchezza della comunione con i fratelli: “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune” (At 4,32). La comunione con Gesù implica che, come siamo partecipi della ricchezza di Cristo, lo siamo anche della sua passione: “Siamo tribolati in tutto, ma non ridotti agli estremi: perplessi, ma non disperati: perseguitati, ma non abbandonati: abbattuti, ma non annientati: portiamo sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, affinché la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2Cor 4,7.10).

Lettura esistenziale

“Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi” (Mc 10, 31). Dio non fa preferenze di persona, ma se ha una predilezione questa è per gli ultimi, i piccoli, i poveri, gli emarginati, per coloro che nella società contano poco o niente. A chi viene dato l’annuncio più sconvolgente della storia: l’incarnazione di Dio? Ad un’umile fanciulla di Nazareth. A chi per primi gli Angeli danno la bella notizia della nascita di Cristo? Ai pastori. A chi è annunziata la Buona Novella? Ai poveri. Chi sono le persone che Gesù sceglie perché stiano con Lui e per mandarli a predicare? Non sono persone particolarmente dotate, tra di essi ci sono umili pescatori ed esattori di tasse. Per chi Gesù dona la sua vita? Per ogni uomo bisognoso di salvezza. A chi appare Risorto il mattino di Pasqua? Ad una donna dalla quale aveva cacciato sette demòni. A chi Gesù rivolge il suo sguardo e la sua Parola oggi? A me e a te. Com’è bello sapere che nel Cuore di Dio ognuno di noi occupa il posto del figlio prediletto. Diceva S. Francesco d’Assisi: “Un uomo tanto vale, quanto vale davanti a Dio e non di più”. Non di più, né (aggiungo io) di meno. Esclama il Salmista colmo di stupore: “Ma che cos’è mai l’uomo perché di lui ti ricordi? Ecco lo hai fatto poco meno di un Dio. Di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani” (cfr Sal 8). Dunque: “Riconosci cristiano la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che, strappato al potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce del regno di Dio” (dai “Discorsi” di S. Leone Magno Papa).

 

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