Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Feria propria del 5 gennaio
Letture: 1Gv 3,11-21; Sal 99; Gv 1,43-51
Riflessione biblica
“Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret”.Tutto partì da un’esperienza di fede. Così per Filippo e per Natanaele: da buoni giudei hanno trovato il Messia o quel profeta indicato da Mosè: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto” (Dt 18,15). In verità, “Mosè fu degno di fede in tutta la casa di Dio come servitore, per dare testimonianza di ciò che doveva essere annunciato più tardi. Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo” (Ebr 3,5-6). Di più: “Dalla pienezza di Gesù noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo” (Gv 1,16-17). E ancora: Mosè ha dato i comandamenti del Decalogo, Gesù ha dato il comandamento della Nuova Legge, la legge dell’amore a Dio e al prossimo, da esso dipendono la Legge e i Profeti (Mt 22,40). Anche i Profeti annunciarono la venuta del Messia, che realizza le promesse ad Abramo e alla sua discendenza e costituisce la Nuova Alleanza tra Dio e gli uomini: “Ecco, verranno giorni, nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’alleanza nuova. … E questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni: porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo” (Ger 31,31.33). Ma Gesù ha superato e perfezionato anche questa alleanza: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1Cor 11,25-26). Gesù è più grande di Mosè e dei Profeti: egli ci invita ad essere in comunione con lui per avere la vita eterna: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita” (Mt 11,28-29). Egli è nostra forza: ci infonde quel coraggio che solo l’amore sa dare; è sempre presente: la sua parola sostiene la nostra perseveranza con la luce della verità; si fa splendore di santità: rimedio per le nostre infedeltà con la sua infinita misericordia.
Lettura esistenziale
“Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: ‹‹Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità››” (Gv 1, 47). Uno dei discepoli che Gesù chiama è Natanaele. Egli è una persona alquanto schietta e a chi gli annuncia di avere trovato il Messia risponde con franchezza: “Da Nazareth, può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46). Forse noi avremmo giudicato questa risposta come un po’ impertinente e poco garbata, invece Gesù l’accoglie con simpatia e addirittura fa l’elogio di quest’uomo: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità” (Gv 1,47).
La semplicità, che è unità di vita, cioè unità tra ciò che pensiamo, ciò che diciamo e ciò che viviamo, è un atteggiamento molto gradito al Signore, che invece si mostra alquanto allergico all’ipocrisia, come è ampiamente testimoniato dai Vangeli.
Gesù parla poi a Natanaele dell’albero di fico sotto il quale, probabilmente, lo ha visto studiare la Torah e dove egli ha avuto evidentemente una profonda esperienza spirituale. Il fatto che Gesù dimostri di conoscere nel profondo Natanaele, lo lascia sbalordito e gli fa esclamare: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gesù conosce ogni singola persona e guarda sin nelle profondità del suo cuore. Non possiamo avvicinarci a Gesù senza essere messi a nudo dal suo sguardo, senza essere posti a confronto con la nostra verità personale. Nell’incontro con Gesù la nostra esistenza viene illuminata e svelata.
“In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato, trova piena luce il mistero dell’uomo” (Gaudium et Spes, 22).
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