La sua storia richiama quella di San Francesco d’Assisi: nasce in una famiglia agiata dove non manca niente. Nella sua prospettiva c’è un futuro senza tanti apparenti problemi.
Ma c’è qualcosa che manca e allora Biagio Conte lascia tutto, famiglia, città e amici, per trovare il senso della vita. Un senso che, negli anni, si concretizzerà in quella ‘Missione di Speranza e Carità’, a Palermo, che resta una delle maggiori opere di solidarietà della città.
Ad un anno dalla morte, avvenuta il 12 gennaio 2023, esce il libro “Ti posso chiamare fratello?”, di Alessandra Turrisi e Roberto Puglisi per le edizioni San Paolo.
A Biagio Conte è stato dato – sottolinea nella Prefazione monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo – “il triplice dono di vivere da povero, di vivere con i poveri e di vivere per i poveri, qui a Palermo, la città che gli ha dato i natali e dove è tornato dopo aver deciso, come Francesco d’Assisi, di abbandonare la casa di suo padre ed ogni possesso terreno”. Quella Palermo che è “la città di Pino Puglisi e di Paolo Borsellino, di Giovanni Falcone e di Piersanti Mattarella.
La città dove i poveri sono sempre più poveri ed emarginati, dimenticati dai ricchi e dai potenti di turno e manipolati e illusi dalla mafia”, afferma ancora il vescovo della città.
Il libro comincia dalle origini, ovvero dal momento in cui Biagio lascia la sua casa e la famiglia perché quel mondo agiato aveva cominciato a stargli stretto. Si ricorda anche l’apparizione alla trasmissione tv ‘Chi l’ha visto’ per rassicurare i familiari che si erano esposti anche in televisione per avere notizie del figlio.
Poi la peregrinazione per servire i più poveri della terra fino alla presa di coscienza che “l’Africa è a Palermo”. “Il suo desiderio di spendersi per i più poveri, magari in Africa, in Asia, è la strada giusta da percorrere, ma non in un paese sperduto; il suo posto è nella sua città”, scrivono gli autori.
Il resto è storia. Il 15 settembre del 2018, Papa Francesco, nella sua visita a Palermo, vuole pranzare con Biagio Conte e con i suoi poveri. Un anno fa, al momento della morte del missionario laico, il Pontefice lo ha ricordato come “generoso missionario di carità e amico dei poveri”. E infatti nella sua Sicilia è stato, come ricordano Turrisi e Puglisi nel libro, “un punto di riferimento per l’universo dei derelitti, un luogo di accoglienza per gli scartati della terra, un posto in cui la speranza non muore neppure per chi vive nella disperazione e nella solitudione, perché per tutti c’è una seocnda possibilità”.