• 23 Novembre 2024 3:35

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Un amore più grande del nostro

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Mercoledì della XXX settimana del Tempo Ordinario

Letture: Gdc 9,6-15; Sal 20; Mt 20,1-16

Riflessione biblica

“Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi” (Mt 20,1-16). Spesso concepiamo la vita spirituale in “chiave di giustizia commerciale”: ho pregato tanto, merito di più. Ho fatto tanti sacrifici, merito di più. Non è la logica del Regno di Dio. La logica dell’amore non fa calcoli, ma ama perché ha deciso di amare. Meglio, di rispondere all’amore di Dio: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10). Essere invitati a “lavorare nella vigna del Signore” è dono di benevolenza di Dio, che “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). A maggior ragione lo è anche “la retribuzione”: la vita eterna, dono che Dio ci concede nella sua misericordia, perché la salvezza “non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che ha misericordia” (Rom 9,16). Non è importante aver lavorato molto o poco, ma è decisivo accettare l’invito a lavorare per edificare il Regno di Dio. Non accuseremo Dio di ingiustizia: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo” (Mt 20,12), anzi saremo contenti che tutti possono essere salvi e partecipi con noi del premio della vita eterna. Dio non è ingiusto, ma ci insegna che la misericordia prevale sulla giustizia (Gc 2,13). Entrati per grazia “nella vigna del Signore”, dobbiamo essere operosi nella fede, saldi nella speranza, instancabili nell’amore a Dio e al prossimo (1Tes 1,3). Ciò che conta, infatti, è “la fede agente mediante la carità” (Gal 5,6). Non agiamo per ricompensa, ma per amore; non siamo attratti dal premio, ma dalla misericordia del Signore, che ci prepara un posto nel suo Regno: “Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi” (Gv 14,3). Ecco la ricompensa: essere con il Signore, là “dove Cristo è seduto alla destra di Dio” (Col 3,1).

Riflessione esistenziale

“Chiama i lavoratori e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi” (Mt 20, 8). Quando leggo o ascolto questo Vangelo penso: ma Dio, rappresentato in questa parabola dal padrone di casa che assolda lavoratori per la sua vigna, non poteva essere più diplomatico? Se proprio voleva dare agli ultimi operai la stessa paga dei primi che avevano lavorato di più, per evitare conflitti sarebbe bastato che prima avesse pagato gli operai che avevano lavorato per più tempo e poi, quando questi se ne fossero andati, togliendo la loro imbarazzante presenza, avrebbe pagato gli ultimi che avevano lavorato di meno. In questo modo si sarebbero evitati: invidie, mormorazioni e malumori. Semplice, no? E invece sembra proprio che Dio non ci eviti quelle situazioni che fanno emergere che cosa abbiamo realmente nel cuore e non ci evita nemmeno i conflitti. Anche il conflitto può diventare un’occasione per crescere, quando lo facciamo sfociare nel dialogo, nel confronto sincero, nell’ascolto, nel rispetto del punto di vista altrui e infine nel perdono reciproco. L’amicizia tra due persone si consolida anche attraverso la correzione fraterna. Ci sono due forme di correzione, entrambe importanti: la correzione attiva, quando correggiamo il nostro prossimo e la correzione passiva, quando ci lasciamo correggere. La correzione ci può venire da Dio, attraverso la voce della coscienza, la Parola, le prove, l’infermità, e ci può venire dal nostro prossimo, attraverso l’avvertimento o attraverso il buon esempio. La correzione è una delle sette opere di misericordia spirituale: ammonire i peccatori.   Ma per correggere l’altro, secondo Dio, si richiede l’umiltà, dobbiamo cioè riconoscere che tutti “manchiamo in molte cose” (Gc 3, 2) e tutti abbiamo bisogno della misericordia di Dio. La correzione va fatta per amore, per il bene altrui, senza giudizio e senza essere mossi da passioni disordinate quali l’ira o il turbamento. Va fatta con dolcezza, ma anche con fermezza, facendola precedere e accompagnare sempre dalla preghiera.