Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Sant’Ireneo
Letture: Gen 15,1-12.17-18; Sal 104; Mt 7,15-20
Riflessione biblica
“Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci!” (Mt 7,15-20). Di profeti ce ne sono stati tanti sia nel passato che nel presente. Anzi, Dio per bocca di Mosè disse: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!” (Num 11,29). E il profeta Gioele: “Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni” (Gl 3,1). Il problema non è che vi siano molti profeti tra il po-polo di Dio, ma che essi siano e si comportino da veri profeti. Per questo, Gesù ci ha dato un criterio da seguire: “Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7,16). In base a ciò, “falso profeta” è chi dice cose vere, ma non li mette in pratica: “Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno” (Mt 23,3). In breve, falso profeta è chi agisce con incoerenza tra il dire e il fare, e fa di essa, coscientemente o incoscientemente, un sistema di vita. Parla di Dio, ma non opera in Dio. Per superare tale incoerenza, il vero profeta deve essere in intimità con Gesù: “Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo” (Mt 11,27). Non basta mostrarsi saggi, bisogna operare in intima unione con Gesù: “Voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1Cor 1,30). “Vero profeta” è chi segue Gesù e il suo comandamento: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 15,12); è chi legge la parola di Dio e la mette in pratica: “Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21); è chi si lascia guidare dallo Spirito di Dio e con la sua vita insegna ad amare Dio e il prossimo.
Lettura esistenziale
“Dai loro frutti li riconoscerete” (Mt 7, 20). Le opere che compiamo sono un indizio rivelatore di ciò che abbiamo nel cuore e quindi di ciò in cui crediamo. La nostra vita, infatti, è molto più eloquente delle nostre parole. Qualora poi essa fosse in dissonanza con le nostre parole, queste non avrebbero alcuna credibilità. Viceversa, anche se non parliamo, possiamo con le nostre opere annunciare il Vangelo. Dai frutti possiamo riconoscere se il nostro prossimo è un annunciatore della verità o un banditore di menzogne. Ma la stessa cosa si può fare nei nostri confronti: dalle nostre opere gli altri riconosceranno se siamo o no discepoli del Signore. Chiediamoci se dalle nostre scelte e dalle nostre opere lasciamo trasparire Cristo. E a proposito di frutti, il Vangelo ci racconta un fatto curioso: era prossima la Pasqua di Gesù ed egli, una mattina, avendo fame, si avvicina ad un albero di fichi per raccoglierne qualcuno e mangiarlo. Non avendo trovato alcun frutto, Gesù maledice l’albero che si secca immediatamente (cfr Mc 11, 12-14). L’evangelista annota che: “Non era quella la stagione dei fichi” (Mc 11, 13). Come mai Gesù compie questo gesto, pur sapendo che non era quella la stagione giusta perché l’albero maturasse i suoi frutti? In realtà Gesù compie un gesto profetico per sottolineare che il tempo per dare i frutti dell’amore è: sempre.