“Noi stiamo facendo una serie di azioni concrete per arrivare alla vera conoscenza dei fatti”. Lo ha detto mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna e presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili della Conferenza episcopale italiana, intervenendo stamani al convegno sulla tutela dei minori in corso a Palermo. La sua riflessione si è concentrata sull’impegno della Chiesa italiana, con riferimento al primo report sulle attività di protezione dei minori nelle diocesi italiane. “Rispetto al passato, oggi le vittime devono essere messe al primo posto. L’impegno forte è quello di lavorare soprattutto sulla prevenzione prima che l’abuso accada. Prima di tutto, dobbiamo metterci dalla parte dei poveri e dei piccoli perché è con loro che si vede veramente il Vangelo. In chiave preventiva bisogna fare conoscere la gravità di questi comportamenti”.
L’arcivescovo ha sottolineato come si stia creando una rete organizzativa: “Sono stati creati dei servizi regionali. Abbiamo 16 vescovi incaricati su questo tema e 226 referenti diocesani. Il ruolo fondamentale è quello del Centro di ascolto per la tutela dei minori che deve essere una realtà aperta pronta ad accogliere. Questo si deve mettere a disposizione di chi vuole denunciare, incoraggiandolo a farlo davanti alle autorità civili”. I casi vengono analizzati per capire come migliorare gli interventi. “I 613 casi italiani che abbiamo rilevato ci permettono di studiare le persone che abusano e le persone che vengono abusate per migliorare gli interventi – ha osservato il presule -. Abbiamo pubblicato il primo report del 2020/2021 e a breve divulgheremo anche il secondo. Oggi ci sono 98 centri di ascolto attivati in Italia in grado di coprire più del’80% delle diocesi”.
Ma un ulteriore impegno è richiesto a tutti i livelli. “Le associazioni fanno ancora molta fatica a muoversi nel fornirci le segnalazioni. I Centri di ascolto sono stati messi volutamente fuori dalle curie perché, in un ambiente esterno, è più facile raccontarsi. Per i due terzi ad operare sono donne. Le vittime hanno per lo più tra i 10 e 18 anni. Gli autori coinvolti hanno un’età compresa tra 40 e 60 anni. Ci auguriamo che i Centri di ascolto crescano sempre di più in modo da coprire tutte le regioni italiane. Per continuare ad impegnarci e muoverci insieme bisogna creare una buona alleanza con tutta la società civile”.