• 22 Novembre 2024 10:12

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura.

Venerdì della XXV settimana del Tempo Ordinario

Letture: Ag 1,15-2,9; Sal 42; Lc 9,18-22

Riflessione biblica

Allora, domandò loro: Ma voi, chi dite che io sia?” (Lc 9,18-22). Ieri, si poneva la domanda Erode, lungo i secoli se la sono posti tante persone, più o meno interessati a Gesù. Oggi, sia in senso storico che esistenziale, è Gesù che la pone a noi. Non ci possiamo rifugiare dietro la risposta puntuale di S. Pietro: “Il Cristo di Dio”. Essa di sicuro è una luce, che splende per farci intravedere qualcosa di Gesù: egli è l’inviato di Dio per la nostra salvezza; egli annuncia la buona notizia ai poveri, la libertà ai prigionieri, la guarigione agli ammalati nel corpo e nello spirito, la misericordia di Dio per tutti gli uomini.gesu-e-pietro-300x240 Tu sei il Cristo di Dio Eppure, Gesù non ha accettato del tutto la risposta di Pietro, tanto che sente il bisogno di precisare quale “Cristo di Dio” dobbiamo attendere. Non si serve neppure del titolo di Messia, ma di quello un po’ strano di “Figlio dell’uomo”, che percorre una sua “via crucis” da seguire per realizzare la nostra salvezza. Ed è questo il punto essenziale, su cui deve agganciarsi la nostra risposta personale a Gesù, dato che risuona sempre nel nostro cuore l’invito di Gesù: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”. La sua “via crucis” diviene la nostra “via crucis”. Guardando a Gesù, scopriamo il cammino spirituale da fare in lui, con lui e per lui. Nell’intimo rapporto con lui, nel nostro cammino di fede, espressa nel quotidiano, possiamo conoscere la vera identità di Gesù, percorriamo con lui il suo mistero di morte e risurrezione e comprendiamo il cammino di sequela fino a rinnegare noi stessi e prendere la nostra croce quotidiana. Camminiamo con lui: la sua parola di verità, giustizia e amore ci fa percorrere le vie della santità; la sua misericordia ci fa accettare le nostre fragilità e ci fa dire con Paolo: “Mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10); il suo amore ci rende dono ai fratelli nel perdono reciproco e nella comunione al suo corpo e sangue per essere ed agire in unità: “Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me” (Gv 17,23).

Lettura esistenziale

gesu-11 Tu sei il Cristo di DioIl momento scelto da Gesù per porre questa domanda ai suoi discepoli non è senza significato. Gesù si trova ad una svolta decisiva della propria esistenza. Sale verso Gerusalemme, verso il luogo dove si compirà, mediante la croce e la resurrezione, l’evento centrale della nostra salvezza. Gesù chiede dapprima ai discepoli: “Le folle, chi dicono che io sia?” (Lc 9,18), le risposte che essi gli riferiscono sono diverse: Giovanni il Battista, Elia, un profeta! Tutte risposte, comunque, che sono insufficienti poiché non raggiungono il cuore dell’identità di Gesù. Soltanto chi accetta di seguirlo sulla sua via, di vivere in comunione con lui nella comunità dei discepoli, può averne una conoscenza autentica. È allora che Pietro, il quale da un certo tempo è vissuto con Gesù, offre la propria risposta: “Tu sei il Cristo di Dio” (Lc 9, 20).

Anche qui però Gesù, annunciando ai suoi discepoli che dovrà soffrire ed essere messo a morte prima di risuscitare, precisa che tipo di Messia è: Egli è un Messia sofferente, un Messia servo, e non un liberatore politico onnipotente. È il Servo obbediente alla volontà del Padre suo fino a perdere la propria vita. La gloria di Gesù si rivela nel momento in cui, nella sua umanità, Egli si mostra più debole, specialmente nell’Incarnazione e sulla croce. È in questo modo che Dio manifesta il suo amore, facendosi servo, donandosi a noi.

Porsi alla sequela di Gesù significa prendere la propria croce per accompagnarlo nel suo cammino, un cammino scomodo che non è quello del potere o della gloria terrena, ma quello che conduce necessariamente a rinunciare a se stessi, a perdere la propria vita per Cristo e il Vangelo, al fine di salvarla. Poiché siamo certi che questa via conduce alla risurrezione, alla vita vera e definitiva con Dio. Decidere di accompagnare Gesù Cristo che si è fatto il Servo di tutti esige un’intimità sempre più grande con Lui, ponendosi all’ascolto attento della sua Parola per attingervi l’ispirazione del nostro agire.