Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Mercoledì della V settimana del Tempo Ordinario
Letture: 1Re 10,1-10; Sal 36; Mc 7,14-23
Riflessione biblica
“Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro” (Mc 7,14-23). Principio fondamentale: “Tutto è puro per chi è puro” (Tt 1,15). Gesù non condanna le prescrizioni del Lev 11 o del Dt 14: anch’esse sono espressioni della volontà di Dio. Ma esse non possono sostituirsi al comandamento dell’amore a Dio e al prossimo. Solo l’amore rende il cuore puro, non se mangio questo o l’altro cibo. Non divento migliore o peggiore, anche fisicamente, se faccio dieta o non la faccio, ma tutto dipende da come affronto la verità su me stesso: “per quelli che sono corrotti e senza fede nulla è puro: sono corrotte la loro mente e la loro coscienza” (Tt 1,15). E Gesù va ancora più a fondo: “Dal di dentro, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza” (Mc 7,21-22). “L’intimo dell’uomo e il suo cuore sono un abisso!” (Sal 64,7). E senza l’aiuto di Dio, grida il Salmista, “affondo in un abisso di fango, non ho nessun sostegno; sono caduto in acque profonde e la corrente mi travolge” (Sal 69,3). Che il Signore ci “raffini il cuore e la mente” (Sal 26,2), anzi preghiamo con David: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi”. Allora, comprenderemo che solo un cuore purificato dell’amore è gradito a Dio: “Il regno di Dio non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi si fa servitore di Cristo in queste cose è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini” (Rom 14,17-18). Se nel nostro cuore dimora Gesù, allora il nostro cuore e la nostra mente divengono sorgente pura e limpida, da cui sgorgano i buoni pensieri e le azioni buone. “Deponiamo l’uomo vecchio con le sue azioni cattive, rivestiamo l’uomo nuovo, Gesù, e comportiamoci come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza e di carità che è legame di perfezione” (Col 3,8-14).
Lettura esistenziale
“Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo” (Mc 7, 20). Al di là della questione immediata relativa al cibo, possiamo scorgere nella reazione dei farisei una tentazione permanente dell’uomo: quella di individuare l’origine del male in una causa esteriore. Questo modo di pensare – ammonisce Gesù – è ingenuo e miope. L’ingiustizia, frutto del male, non ha radici esclusivamente esterne; ha origine nel cuore umano, dove si trovano i germi di una misteriosa connivenza col male. L’uomo, chiamato per natura alla comunione e alla relazione, avverte dentro di sé una strana forza di gravità che lo porta a ripiegarsi su se stesso, ad affermarsi sopra e contro gli altri: è l’egoismo, conseguenza della colpa originale. Come può l’uomo liberarsi da questa spinta egoistica e aprirsi invece all’amore?
Occorre umiltà per accettare di aver bisogno che un Altro ci liberi gratuitamente dal nostro egoismo. Ciò avviene particolarmente nei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Grazie all’azione di Cristo, noi possiamo entrare nella giustizia “più grande”, che è quella dell’amore (cfr Rm 13,8-10), la giustizia di chi si sente in ogni caso sempre più debitore che creditore, perché ha ricevuto più di quanto si possa aspettare.
Convertirsi a Cristo, credere al Vangelo, significa in fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la propria indigenza e il bisogno del suo perdono e della sua amicizia.