La testimonianza più applaudita in Aula Paolo VI, tra i tavoli dei partecipanti al Sinodo sulla sinodalità, è arrivata da una mamma, fortemente preoccupata che non si parli abbastanza dell’iniziazione cristiana per i più piccoli, tanto da chiedere parole di aiuto per crescerli nella fede cristiana. Le donne continuano a essere protagoniste nei lavori ed è stato anche chiesto di coinvolgerle di più nei ruoli diplomatici in contesti di guerra. Lo ha riferito oggi, nella conferenza stampa tenuta nella Sala stampa vaticana Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione e presidente della Commissione per l’informazione sinodale. Con Sheila Pires, segretaria della stessa Commissione, ha dato conto dei lavori della quinta e sesta congregazione generale, tenute ieri pomeriggio e questa mattina, con 343 presenti in Aula, mentre Papa Francesco era in piazza San Pietro per l’udienza generale.
L’indispensabile ruolo dei laici nella Chiesa
Gli interventi, hanno fatto presente, sono stati “tutti concentrati sul tema del discernimento ecclesiale, quindi soggetti e criteri, diversi livelli di responsabilità, il ruolo dei ministri ordinati”. Su questo tema gli interventi liberi, ha precisato Pires, sono stati 35 ieri pomeriggio e 21 questa mattina. Il ruolo dei laici, la loro collaborazione con i vescovi e i sacerdoti, il loro coinvolgimento nei processi decisionali, è stato uno dei temi che è maggiormente emerso nei vari interventi pubblici. “E’ stata sottolineata l’importanza di incoraggiare la collaborazione tra sacerdoti e laici – ha chiarito Pires – e la necessità di una maggiore partecipazione dei laici – uomini e donne – nei ruoli di leadership”. In particolare, è stato riconosciuto che “la presenza dei laici è indispensabile, cooperano per il bene della Chiesa”. In un intervento, inoltre, è stata avanzata la proposta di consultare il popolo di Dio sulla idoneità dei candidati al sacerdozio e all’episcopato: “Il vescovo decide, ma in una Chiesa sinodale è il Popolo di Dio che si deve sentire responsabile nella scelta” e conoscere inoltre “le esigenze del profilo umano e spirituale che devono avere i candidati”.
Le donne e il ministero dell’ascolto
Un’altra proposta – ha proseguito la segretaria della Commissione per l’informazione – ha riguardato l’importanza di “approfondire la riflessione sul ruolo dei laici nell’esercizio pastorale nelle parrocchie, perché molti sacerdoti non hanno la vocazione a essere parroci, invece molti laici che vivono una vita matrimoniale e familiare serena possono svolgere funzioni nelle comunità”. Riguardo le donne — ha informato Pires — si è proposto di “evitare ogni tipo di discriminazione sessuale nell’accolitato, riconoscere maggiormente” il loro “contributo anche nei processi decisionali” e “pensare all’ascolto come ministero prevalentemente femminile, complementare a quello del parroco, del diacono, del catechista”. “Le donne sanno ascoltare, ascoltano in modo diverso — è stato detto in Aula — e potrebbero farlo come servizio, totalmente diverso rispetto alla confessione”. È stata anche avanzata la proposta “di coinvolgere di più le donne nella diplomazia in un mondo diviso e in guerra”.
Affidare ai giovani una pastorale giovanile digitale
Ruffini ha poi evidenziato che i partecipanti al Sinodo hanno indicato “la necessità di connettersi con le nuove generazioni attraverso la pastorale digitale”. È stato fatto poi l’esempio di tanti giovani in Africa che “vanno in Chiesa, hanno talento, energia e fede” e che quindi “devono essere parte del discernimento ecclesiale”. Ed è stato proposto di affidare proprio ai giovani la pastorale giovanile: insomma, “giovani-giovani, non adulti che fanno i giovani” è stato detto, “così da porsi in dialogo con i coetanei intrappolati in ideologie ‘new age’ o nichiliste”. Un intervento ha riproposto “la situazione drammatica — ha detto Ruffini — che vivono tanti bambini nel mondo: bambini costretti a contrarre il matrimonio da giovani per motivi familiari; bambine forzate alla prostituzione; minori vittime di traffico di esseri umani”. E si è parlato anche di “seminaristi che vengono da famiglie non cristiane, o che sono costretti al sacerdozio per onore, di persone che devono fare i conti con la propria omosessualità”.
La mamma: incoraggiare la corresponsabilità dei genitori
Il prefetto del Dicastero per la comunicazione ha evidenziato che “sono state ricordatele parole del Papa: il Sinodo non ha l’obiettivo di produrre documenti, ma ispirare azioni. Quindi è stato ribadito che non basterà soltanto ascoltare le voci cristiane e parrocchiali, ma le voci coraggiose che vengono dall’esterno, così da creare spazi sicuri perché le persone si facciano avanti”. E quindi ha ricordato la testimonianza della mamma che ha chiesto “cosa dice l’assemblea sul ruolo di genitori, nonni, padrini cristiani nel contribuire alla sinodalità sull’ascolto e il discernimento sin dall’infanzia? Bisogna crescere i figli affinché da grandi vadano verso Cristo”. Il Documento finale, perciò, ha chiesto la donna, dovrebbe “incoraggiare i ruoli di corresponsabilità dei genitori”.
Accompagnare le vittime di abusi
È stato fatto, quindi, riferimento “alla necessità di accompagnare le vittime di abusi all’interno della Chiesa. È stato evidenziato che la Chiesa deve avvicinarsi ai vulnerabili e che il potere deve essere un servizio e mai clericalismo”. Allo stesso modo, ha riferito il prefetto, “si è chiesto di ridare una maggiore centralità ai poveri, anche nella formazione del clero”. In particolare, “i poveri sono più vicini al cuore di Dio, hanno un’autorità — è stato detto — e li vediamo come oggetti del ministero e della missione ma mai come ministri”. In Aula, ha proseguito Ruffini, “si è parlato dei sacerdoti, in particolare della loro solitudine, anche per sovraccarico di compiti. In tal senso, è stato sottolineato che una certa distanza dei preti dalla sinodalità deriva dal fatto che molti di loro hanno pesi incombenti, gestiscono diverse comunità e hanno un peso amministrativo forte”. Il Sinodo dovrebbe riuscire a ravvivare la loro vocazione. “Si è proposto, quindi, di dotare di consigli economici ogni parrocchia e possibilmente anche strutture che coinvolgano più parrocchie per aiutare i parroci nel loro servizio”.
Pensiamo a giocare la partita, non all’allenamento
Forte, inoltre, è stato “l’invito al dialogo, tra le Chiese e nella Chiesa”. E, ha riferito Ruffini, “è intervenuto, portando il suo saluto, il vescovo cinese Giuseppe Yang che ha lodato il beneficio portato dall’Accordo del 2018 tra Santa Sede e Cina”. Infine un intervento ha proposto all’assemblea di concentrarsi più sulla realtà, anche nella redazione del Documento finale. Usando una metafora calcistica, ha concluso Ruffini, è stato detto che sembra che la Chiesa invece di giocare la partita sia concentrata sull’allenamento.
Il comunicato del Gruppo di studio sulle donne nella Chiesa
Da ultimo Ruffini ha riferito che al termine il cardinale segretario generale Mario Grech ha dato lettura di un comunicato del cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto Dicastero per la Dottrina della Fede, nel quale si specifica che il tema del Gruppo di studio n. 5 — su “Alcune questioni teologiche e canonistiche intorno a specifiche forme ministeriali (RdS 8 e 9)”, in particolare la partecipazione delle donne alla vita e alla guida della Chiesa — era già stato affidato al suddetto Dicastero prima della richiesta del Sinodo. Per cui il lavoro deve seguire le procedure del Dicastero stesso stabilite nel regolamento proprio, in vista della pubblicazione di un apposito Documento. Dopo aver ascoltato vescovi e cardinali della Feria iv, ora è nella fase di consulta: sono già stati consultati i consultori e le consultrici che forniscono la base del documento. La consulta è rivolta anche alle donne che non sono consultrici. Tutti i membri, i teologi e le teologhe del Sinodo possono inviare pareri e sussidi nei prossimi mesi. Il giorno 18 due teologi sono disposti a ricevere proposte sul tema per iscritto o oralmente.
Gli interventi dei tre ospiti
Il ruolo dei diaconi permanenti nella Chiesa e la loro partecipazione al Sinodo, l’iniziazione cristiana e l’abbandono delle comunità da parte degli adolescenti e la spiritualità sinodale che porti a una “purificazione” dei rapporti umani nella Chiesa e con la società, ma anche una richiesta d’aiuto da parte della Chiesa che è in Mozambico, sono stati i temi toccati dai tre ospiti in Sala Stampa vaticana, rappresentanti di tre continenti, Africa, America ed Europa. Il più sollecitato dalle domande dei giornalisti, dopo il suo intervento iniziale è stato il diacono Geert De Cubber, testimone del processo sinodale, teologo, ex giornalista, diacono permanente della diocesi di Gand (Belgio) e delegato episcopale per la catechesi e la pastorale giovanile e familiare. E’ l’unico membro dell’assemblea diacono permanente, sposato, con figli della Chiesa latina, anche se dalle Chiese orientali cattoliche sono presenti anche uno della Chiesa siriaca e un melkita, che presto sarà ordinato sacerdote.
De Cubber: un incontro post-sinodale anche per i diaconi
De Cubber ha ripetuto quanto detto nell’aula del Sinodo: il diacono è un “costruttore di ponti” in famiglia (“e io – ha confidato – “ho fatto un ‘presinodo’ con moglie e tre figli, per poter essere qui”), con le altre famiglie, nella comunità e anche con la società esterna, “e questo può essere davvero utile in una società secolarizzata” come quella belga, che Papa ha visitato a fine settembre dopo il Lussemburgo. Compito del diacono, ha aggiunto, è uscire e “andare dove la Chiesa non va, da chi non ha voce e viene emarginato dalla Chiesa stessa e dalla società e riportarlo nella Chiesa”. In una Chiesa nella quale i praticanti sono spesso stanchi e anziani, e dove “se non camminiamo in modo sinodale la Chiesa non potrà sopravvivere”, il diacono belga ha cercato di portare la sinodalità tra i giovani, unendo nello sforzo le pastorali giovanili di tutte le diocesi di lingua fiamminga. “Intanto abbiamo cambiato nome, ora siamo ‘Kammino’, con la ‘k’ che indica il nostro essere cattolici, nella nostra lingua”. Sollecitato da una domanda di un giornalista, ha ammesso che i diaconi avrebbero potuto essere maggiormente rappresentati al Sinodo, e che sa che di questo i diaconi negli Usa, “dove il ministero è molto forte”, non sono “molto contenti del fatto che siamo cosi pochi”. Ha così proposto un incontro post-sinodale dei diaconi in futuro, come è stato fatto quest’anno con i parroci. “Essere diacono – ha concluso De Cubber – non è per me affatto una preparazione al sacerdozio, non ho questa vocazione. Il nostro è un ministero esclusivamente di servizio”.
Il Cile e la ricchezza del diaconato permanente
Sollecitato sul tema, l’arcivescovo di Puerto Montt (Cile), monsignor Luis Fernando Ramos Pérez, ha sottolineato che nel suo Paese, dopo il Concilio Vaticano II, sono stati ordinati molti diaconi permanenti, oggi “sono di più dei sacerdoti e dei religiosi”, e il loro contributo “ è straordinario e apprezzato, amministrano le parrocchie con il parroco”. Ma non sono “sacerdoti in miniatura”. Da parte sua monsignor Inácio Saure, arcivescovo di Nampula, presidente della conferenza episcopale del Mozambico, e membro dei Missionari della Consolata, ha spiegato che non ci sono in questo momento diaconi nella sua Chiesa, “perché siamo molto impegnati nella formazione dei presbiteri” anche se in futuro, se ci sarà la possibilità, saranno di sicuro ordinati. Preparando anche le comunità parrocchiali, che “quando arriva un diacono temporaneo, ci chiedono subito: ‘Perché non celebra?’”
Il Mozambico ha ancora bisogno d’aiuto
L’arcivescovo africano, rispondendo ad una domanda, ha invitato il Sinodo a far conoscere la drammatica situazione del suo Paese, devastato dalla guerra iniziata nel 2017 (ora sospesa) con 5 mila morti e un milione di sfollati. Anche se molto aiuto è arrivato in passato “Il popolo oggi soffre molto, ed è abbandonato a se stesso. Quindi si può fare di più”, in uno scambio di doni materiali “tra le Chiese che hanno molto e quelle che sono in miseria”. Nel suo intervento, monsignor Saure ha toccato il tema dell’importanza dell’iniziazione cristiana come incontro personale con Cristo, segnalando che “anche da noi i giovani finita l’iniziazione si allontanano dalla Chiesa”, quindi andrebbe maggiormente curata. Ha spiegato che negli ultimi sei anni, occupandosi della pastorale giovanile, ha cercato di farla “con i giovani, per i giovani e dai giovani” e che potrà portare uno stimolo anche la canonizzazione, durante il Sinodo, il prossimo 20 ottobre del fondatore dei Missionari della Consolata, il beato Allamano, che diceva “prima santi poi missionari”, io direi, “prima santi e poi cristiani”.
Pérez: purificare i rapporti nella Chiesa e con la società
Di spiritualità sinodale che trasformi le strutture della Chiesa, ha parlato nel suo intervento l’arcivescovo Ramos Pérez, riferendo che al Sinodo si è parlato di “una spiritualità personale che spinga ad una conversione pastorale individuale e comunitaria”. Per arrivare infine ad una “purificazione” dei rapporti umani nella Chiesa e con la società, perché oggi alcuni rapporti fanno crescere e altri “possono distruggere”. Il modo è vivere la carità prendendo esempio da Cristo. Ed ha concluso sottolineando che chi ha responsabilità nella Chiesa deve esercitarla con “criteri di sinodalità, prendendo le decisioni” consultando la base. In questo “serve un discernimento sinodale, che coinvolga anche i laici e le laiche, non solo i ministri ordinati”.
(fonte Vatican News)