Letture: Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12
Un caro saluto di gioia e pace a tutti voi!
Ascoltiamo il Vangelo secondo Matteo, nella solennità dell’Epifania del Signore.
Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».Lo sappiamo: epifania significa manifestazione. Possiamo facilmente intuire che tutta la vita di Gesù è una epifania dell’amore del Padre. Ma la riflessione teologica e la liturgia ci consegnano 3 episodi che in particolare si riferiscono alla manifestazione del Signore: la visita dei Magi, il battesimo nel Giordano, le nozze di Cana. I Magi rappresentano il segno dell’uomo in ricerca, di chi non si accontenta del proprio orticello ed è capace di mettersi in cammino; esprimono la benefica inquietudine che tutti ci portiamo dentro, quella cioè di aspirare a cose alte, anche se la vita e la nostra pigrizia a volte mettono a tacere questa voce scomoda. Mi voglio divertire a provocarvi un po’ e vi dico: i Magi non sono tre, non sono re, non si chiamano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre… almeno nel Vangelo queste notizie non si trovano. Attorno allo scarno racconto di Matteo, si è creata una ricca letteratura fantasiosa che si è imposta nell’immaginario collettivo. E noi spesso, anche su argomenti di fede, parliamo per sentito dire, senza documentarci bene. Ricordo ancora il volto sorpreso e quasi scandalizzato di una signora quando le dissi, per esempio, che nei Vangeli non si parla del bue e dell’asinello nel presepe, che nella passione di Gesù non si racconta delle tre cadute, e non si fa accenno alla Veronica che asciuga il volto del Signore! Ci farebbe ridere se ci fosse qualcuno che confonde la festa di oggi con i racconti sulla Befana!
All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Mi colpisce molto il fatto che Erode si informa con gli esperti e viene a sapere che l’atteso Messia doveva nascere a Betlemme, paese piccolo e insignificante. Tuttavia se ne sta comodamente nella sua reggia a Gerusalemme, città grande ed elegante, e non fa un passo per andargli incontro. Lo stesso in fondo possiamo dirlo dei capi dei sacerdoti e degli scribi. Anche loro, studiando, sapevano che Betlemme sarebbe stata la città del Messia, eppure non si muovono di un millimetro. Sì, carissimi fratelli, anche per noi ci può essere questo pericolo: sapere molte cose, ma senza lasciarsene coinvolgere profondamente. È un vero rischio quello di conoscere e non camminare.
Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. La solennità liturgica di oggi ci dice che Gesù non solo è venuto, non solo è nato, ma si è manifestato: egli è la manifestazione dell’amore di Dio per noi. Questa rivelazione del mistero di Dio non è solo per un popolo, ma per tutti gli uomini. I Magi sono il segno della universalità della salvezza. Tutte le genti, dal momento in cui il Signore è venuto tra noi, sono chiamate a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. (Ef 3,5-6) Se ci riflettiamo un attimo, noi oggi siamo più figli dei Magi che degli ebrei. Non appartenendo al popolo eletto, noi facciamo parte di quella umanità che ha ricevuto in dono una salvezza inaspettata e immeritata, e la accogliamo con una gioia grandissima. Oro, incenso e mirra. I padri della Chiesa hanno individuato in questi doni dei significati simbolici e profetici riferiti a Cristo: l’oro come il metallo prezioso per il re, l’incenso in qualità di profumo da offrire a Dio, la mirra che è l’unguento che si usava nei riti funebri.
SIAMO VENUTI AD ADORARLO. Un grande insegnamento ci trasmettono questi uomini: il fine di ogni cammino, la meta di ogni ricerca, il premio di ogni fatica, per ogni uomo e per l’intero universo, è di adorare la maestà e l’onnipotenza del nostro Dio. Gesù un giorno disse: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.(Mt 7,7) Il Signore si fa trovare perché lo cerchiamo, ma in fondo lo cerchiamo perché siamo stati già toccati dalla sua grazia e ne sentiamo il profumo. Sant’Agostino insegna: non lo cercheremmo, se non l’avessimo già trovato.
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