di Francesco Polizzotti – Gesù ci avveva avvertito che ogni albero si riconosce dal suo frutto (cfr Lc 6,44): «L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda». Questo vale sempre nella comunicazione e nel racconto di fatti e di eventi. Papa Francesco nel suo Messaggio per la 57ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ci esortava come per poter comunicare secondo verità nella carità, occorre purificare il proprio cuore. Scrive il Santo Padre: Parlare con il cuore è oggi quanto mai necessario per promuovere una cultura di pace laddove c’è la guerra; per aprire sentieri che permettano il dialogo e la riconciliazione laddove imperversano l’odio e l’inimicizia. Nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo è urgente affermare una comunicazione non ostile. È necessario vincere «l’abitudine di screditare rapidamente l’avversario, attribuendogli epiteti umilianti, invece di affrontare un dialogo aperto e rispettoso».
La Chiesa vive all’interno di questa complessità, non svolge funzioni o poteri tali da incidere nel destino dei popoli se non il richiamo continuo che tramite il Papa si fa coscienza universale, perché si trovino ancora oggi uomini e donne di buona volontà, capaci di cogliere le sfide della “globalizzazione delle indifferenze” che Papa Francesco prova a motivare fin dall’inizio del suo Pontificato e che vuole ogni cristiano attento a ciò che accade attorno a sé cosi come nel punto più lontano della terra in cui c’è sofferenza, dolore, morte.
Gli attacchi a dir poco ingenerosi che ad esempio il Cardinale Matteo Zuppi sta ricevendo in queste ore segnano la distanza tra una comunicazione che si fa carico di investigare i fatti, rendere note notizie così che i lettori possano farsi un’opinione, porre quesiti e richiedere chiarimenti. Che certo giornalismo avesse perso spessore culturale, di maniera, di sostanza non ci trova impreparati. Chi fa del bene è sempre oggetto di discredito, soprattutto se i destinatari di questo gesto non sono i furbetti, gli evasori fiscali, politici capaci di avvantaggiarsi a danno dei poveri, persone che hanno i mezzi per uscire impuniti anche davanti alle evidenze dei reati.
La questione immigrazione è sempre in prima pagina. Avvenire, la testata della Conferenza Episcopale Italiana, ogni giorno restituisce dignità alle tante, troppe storie vittime di tratta, di fuga, di disperazione. La linea editoriale del quotidiano dei Vescovi è fortemente avversata da quella di altre testate che mettono nel mirino quanti nella Chiesa si spendono per salvare vite in mare, offrire luoghi di protezione autentica della vita umana e della dignità della persona, senza alcuna pretesa di doverlo spiegare. E’ il bene che si fa strada da solo e non ha bisogno di essere motivato o difeso, mentre sarebbe importante capire perchè l’Occidente non vuole chi arriva dai luoghi che devasta.
Le inchiesta migranti, portate avanti da certe testate hanno l’obiettivo di mettere in ombra l’attivismo compassionevole del Cardinale Zuppi e di riflesso del sentire proprio del Papa il quale ha posto sempre sotto la lente della trasparenza ogni iniziativa di aiuto economico adoperata attraverso ad esempio l’Elemosineria Apostolica. Prende di petto tutti l’idea che la Chiesa possa ritrovarsi coinvolta nel reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, capo d’accusa rivolto dalla Procura di Ragusa nei confronti di Luca Casarini indagato con altre quattro persone per vari reati. I pm lo accusano anche di condotte scorrette in merito al trasporto di migranti in Italia attraverso la nave Mare Jonio, che fa parte della compagnia Mediterranea Saving Humans, ong composta da 40 Equipaggi di Terra distribuiti sul territorio tra Italia, Europa e Stati Uniti. Ma l’obiettivo di certa stampa non è Casarini, per tutto l’ex no global, uno da non frequentare, quando sarebbe altri quelli da non frequentare. La ong ha già replicato con una nota alle illazioni di “Panorama” e “La Verità”. Mediterranea nella nota ha sottolineato come “sia importante capire come funziona questo dispositivo, ben oliato, di attacco a chi sostiene il soccorso civile, in questo caso alla Chiesa di Papa Francesco”.
Insieme a Zuppi sono stati oggetto di questo attacco l’arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice e Don Mattia Ferrari, cappellano di bordo della Mar Ionio. Insieme a loro compaiono su Panorama anche Mons. Michele Pennisi, Arcivescovo emerito di Monreale e il Card. Francesco Montenegro, Arcivescovo emerito di Agrigento indicati come coloro che potevano avanzare la richiesta presso la Cei degli aiuti economici oggi contestati dalle testate di Belpietro e Brindani. Don Mattia, originario della Diocesi di Modena-Nonantola, insieme al giornalista di Avvenire Nello Scavo ha ricevuto minacce dalla mafia libica. Presta soccorso ai migranti dispersi in mare sulle rotte dalla Libia. Un’esperienza che forse chiunque scrive di immigrazione dovrebbe vivere prima di raccontare fatti comodamente seduti dietro la propria scrivania.
Si legge sempre nella nota della ong: “La tecnica è sempre la stessa: sono state prese frasi estrapolate da intercettazioni e sono state rimontate ad arte, in modo da costruire il “mostro” e poterlo sbattere in prima pagina. Sono state scritte menzogne e falsità, come ovviamente dimostreremo davanti a un giudice. Sono state tirate in ballo persone a noi molto care, come Papa Francesco, che non ci ha mai abbandonato in questi anni in cui abbiamo osato disobbedire all’odio e all’indifferenza verso i nostri fratelli e sorelle che muoiono a migliaia nei lager libici finanziati dall’Italia, o in mare a causa della voluta omissione di soccorso, in questa nuova e atroce guerra contro l’umanità”.
Nota di risposta che non verrà dalla CEI, proprio perché si vuole sempre custodire il Santo Padre dagli attacchi diretti e indiretti. Leggiamo come il Papa abbia avviato una inchiesta interna a motivo che ogni esito possa rassicurare i credenti “dubbiosi” sugli aiuti della Chiesa ai naufraghi e rafforzare la sana consapevolezza che in questo frangente della storia la Chiesa non può non essere di parte. Lo fa nelle città assistendo i poveri di cui lo Stato sembra non volersi occupare, lo fa nel contrastare ogni forma di discriminazione e violenza (case protette, ostelli e servizi di bassa soglia aperti a tutti), lo fa nelle parrocchie e negli oratori perché cresca una umanità attenta al prossimo e che guardi oltre i beni che possiede.
In fondo come si rivolgerebbe a ciascuno di noi Sant’Agostino ogni situazione fatta col cuore, con la coscienza, con quel senso di fraternità che ci rende davanti a Dio uguali “non avrai bisogno di difenderla. Lasciala libera. Si difenderà da sola”.