• 22 Novembre 2024 4:02

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Sarà beato don Beotti, il sacerdote che aiutava i partigiani ucciso dai nazisti

«Finché c’è un’anima da curare, io sto al mio posto». Più volte, in chiesa, a voce alta, don Giuseppe Beotti aveva espresso il desiderio di dare la vita, purché i suoi parrocchiani di Sidolo di Bardi fossero risparmiati dai rastrellamenti dei tedeschi. Morì fucilato il 20 luglio del 1944, a 31 anni, facendosi il segno di croce, il breviario stretto nella mano sinistra.

Ora la Chiesa ne riconosce il martirio: il Papa ha autorizzato il decreto di beatificazione del parroco nativo di Campremoldo Sotto, nel comune di Gragnano Trebbiense, dove le campane a festa, come quelle di Bardi, hanno salutato la notizia, comunicata, in contemporanea con la Santa Sede, dal vescovo di Piacenza-Bobbio Adriano Cevolotto al Consiglio pastorale diocesano.

Giuseppe Beotti nasce nel 1912 in una famiglia di agricoltori, diviene sacerdote diocesano il 2 aprile 1938. Da subito si distingue per l’assidua opera caritativa a favore dei bisognosi e per l’impegno nella formazione dei giovani. Offre il suo aiuto a tutti: partigiani, ebrei, soldati, feriti. Durante l’occupazione tedesca difende i diritti dei suoi parrocchiani e viene quindi sottoposto ad un procedimento penale terminato con un nulla di fatto.

Ospita e soccorre soldati in fuga, prigionieri scappati da guerre, perseguitati, tra cui un centinaio di ebrei che nasconde in casolari grazia all’aiuto dei parrocchiani. Di fronte al pericolo dei rastrellamenti e delle rappresaglie nazifasciste non fugge, ma rimane un punto di riferimento nella sua chiesa a Sidolo, in provincia di Parma,  assiduo nella preghiera. Viene arrestato e fucilato il 20 luglio 1944 a Sidolo insieme ad un sacerdote e ad un seminarista che con lui si erano rifugiati in chiesa.  Il suo assassinio fu motivato dall’odio dei nazisti ai trasgressori della loro criminale legge antisemita.