• 22 Novembre 2024 13:10

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Santo del giorno. San Nicola Politi, segno della radicalità evangelica

San Nicolò Eremita nacque in Adernò (attuale Adrano, provincia di Catania) dalla nobile famiglia dei Politi nell’anno del Signore 1117, al tempo in cui la Sicilia era governata dal Gran Conte normanno Ruggero II.
I genitori Almidoro ed Alpina, non potendo avere figli, avevano supplicato intensamente la Divina Provvidenza, la quale non mancò di manifestare la sua infinita misericordia concedendo loro un erede.

Il fanciullo crebbe in salute, circondato dall’affetto dei familiari, dalle lodi dei maestri e manifestando soprattutto un forte vocazione cristiana. Accadde che, credendo prossima la fine della loro vita, i coniugi Politi decidessero di combinare un matrimonio per il loro unico discendente: non avendo alcuna possibilità di sottrarsi alla loro decisione, nulla stimando le ricchezze a confronto dell’amore di Dio, Nicolò maturò la scelta di fuggire le nozze. Si rifugiò prima in alcuni luoghi disabitati dell’Etna, dedicandosi assiduamente al digiuno e alla preghiera, invano ostacolato dal demonio. Temendo tuttavia di essere scoperto, stabilì di riprendere il cammino verso contrade più remote.

In un primo momento si recò a Maniace, nel cui monastero conobbe l’amico fraterno San Lorenzo Ravì da Frazzanò, zelante sacerdote insieme al quale, guidato secondo la tradizione da un’Aquila Reale, raggiunse intorno al 1137 il territorio di Alcara li Fusi (cittadina ubicata nel cuore del Parco dei Nebrodi, in provincia di Messina). Separatosi da lui in località Pizzo Mueli, prima di raggiungere la grotta sita nell’area anticamente denominata La Gulfa – dove, nel silenzio e nella solitudine di quel luogo, avrebbe vissuto il resto della sua vita in penitenza – Nicolò fu vinto da grande sete. Prostratosi a terra e levati gli occhi al cielo rivolse a Dio le sue preghiere e, colpita col bastone la nuda roccia, da essa ne scaturirono limpide e fresche acque, con le quali potè rinvigorire il suo stremato corpo.

Dalle pendici del Monte Calanna il Santo Anacoreta si recava ogni sabato al Monastero di Santa Maria del Rogato per confessarsi e ricevere il Santissimo Sacramento: qui non solo fu sostenuto dalla locale comunità cenobitica ma, soprattutto, elesse a suo perpetuo confessore l’Abate Cusmano, grande teologo del tempo e suo primo biografo (Inno del Teologo Cusmano, XII sec.). San Nicolò Politi morì il 17 agosto del 1167. Il suo corpo fu ritrovato genuflesso, in atteggiamento orante e con il libro di preghiere tra le mani, da un bovaro, Leone Rancuglia il quale, una volta toccatolo con un bastone, vide il suo braccio rattrappirsi. In preda alla paura corse allora ad avvertire il clero e la popolazione alcarese che, già allertati nel momento del beato transito dal suono festoso delle campane (mosse da mano alcuna), dopo aver organizzato una processione, si portarono sul luogo in cui giaceva il corpo del beato Romito: fu in quel momento che, di fronte a tutti i presenti, il braccio del Rancuglia guarì.

Le spoglie mortali di San Nicolò Politi furono custodite per 336 anni, incorrotte, presso il Monastero di Santa Maria del Rogato, dove si attestarono, nel corso dei secoli, numerosi miracoli. L’ultimo tra questi risale al 10 maggio 1503 allorquando, a causa di una forte siccità che imperversava ormai da troppo tempo sulla zona, il popolo di Alcara si recò presso la tomba del Politi per chiedere la sua intercessione: questa non tardò ad arrivare e così la pioggia, scendendo copiosa dal cielo, bagnò nuovamente l’arida terra. Dopo quel glorioso evento, una delegazione alcarese partì alla volta di Roma per chiedere la canonizzazione dell’Eremita del Calanna, che fu infine concessa da papa Giulio II il 7 giugno 1507.

Il Beato Corpo, frattanto, veniva traslato in Alcara, dapprima nella Chiesa di San Pantaleone Martire e, subito dopo la svolta romana, nella Chiesa Madre Maria Santissima Assunta. Qui, al centro della navata sinistra, sorge oggi la Cappella di San Nicolò Politi, che può essere strutturalmente intesa come l’unione di due compartimenti edificati in epoche diverse: all’interno della Cappella più antica, cinquecentesca, su di un pregevole fercolo ligneo (corrispondente, quasi certamente, alla “prima vara” di Sant’Agata Martire, che gli alcaresi acquistarono dalla città di Catania nel 1519, come attestato da un documento coevo) sono custoditi il Simulacro di San Nicolò Politi (ignoto plastificatore del XVI sec.) e l’argentea Urna Reliquiaria (Paolo Guarna, 1581), contenente il corpo del’inclito Anacoreta ad eccezione del sacro teschio, trasferito in Adrano il 29 agosto 1926 ed ivi oggi venerato; al piccolo sacello (corrispondente all’appena descritta cappella cinquecentesca) si accede dalla Cappella moderna, secentesca, la cui soglia è delimitata da una maestosa cancellata in ferro battuto (1704) oltre la quale domina un tripudio di raffinata bellezza esecutiva, che si evidenzia soprattutto negli stucchi e nella pala di Filippo Tancredi raffigurante il rinvenimento del Corpo di San Nicolò Politi da parte del pastore Leone Rancuglia e la glorificazione della sua anima (1710). San Nicolò Politi viene festeggiato in Adrano nei giorni 2 e 3 agosto ed in Alcara li Fusi dall’1 al 3 maggio e dal 15 al 18 agosto.

«Per questo paese [di Alcara] sei divenuto un faro luminoso che mai tramonta
ma per i tuoi devoti sei presso Dio intercessore e propizio per terra e per mare;
perciò ti lodiamo e ti rendiamo grazie»