LA DEVOZIONE AL NOME DI GESÙ
Subito dopo aver assunto il saio, cominciò un’intensa attività di predicatore, percorrendo l’intera Italia centro-settentrionale. La sua predicazione determinò un deciso rinnovamento per la Chiesa e per il movimento francescano. Nelle sue prediche egli insisteva costantemente sulla devozione al nome di Gesù: durante il loro corso, venivano fatte adorare e baciare dai fedeli delle tavolette di legno colorate in oro e azzurro sulle quali era dipinto o inciso il trigramma IHS (Iesus Hominum Salvator) sormontato da una croce e inscritto in un sole. Forte e originale era la sua attenzione anche per gli aspetti economici della vita dei credenti: compose un trattato Sui contratti e l’usura, nel quale perorava la causa dell’imprenditore, dell’artigiano e del commerciante onesti che con le loro attività procuravano benessere oltre che a loro, anche all’insieme della società. Egli individuò quattro grandi virtù naturali, che permettevano a queste persone di darsi un’etica professionale: l’efficienza, la responsabilità, la laboriosità, e l’assunzione di rischio. Su queste basi e a queste condizioni egli sosteneva che un moderato interesse, e quindi un giusto profitto lucrato sui capitali investiti, fosse legittimo e non dovesse considerarsi usura. In questo senso, Bernardino e l’Osservanza vengono considerati come gli iniziatori d’un modo di pensare l’economia che ha aperto le porte alla modernità ancor prima che il pensiero calvinista modificasse – come aveva sostenuto Max Weber – la sensibilità e il pensiero europeo a proposito della teoria economica dell’interesse. Ma la differenza tra le visioni economiche di Bernardino e quelle successive, sostenute nel mondo calvinista, era la costante attenzione posta dal primo all’uso sociale della ricchezza, volto costantemente al bene comune.
LA “ROBA” NON È DEL SINGOLO INDIVIDUO MA È PER L’UOMO IN QUANTO ESSERE SOCIALE
Per contro, Bernardino ebbe sempre parole di fuoco per i ricchi che, invece d’investire le loro sostanze in nuove attività che sarebbero state di generale giovamento, preferivano prestare a usura per conseguire un egoistico accrescimento delle loro fortune. Bernardino sosteneva che la “roba”, cioè l’insieme delle proprietà private di ciascuno, non appartiene all’uomo in quanto singolo individuo, dal momento che proviene da Dio, ma è per l’uomo in quanto essere sociale, come strumento per conseguire un miglioramento della società nel suo insieme. Altro tema costante e consueto della predicazione bernardiniana fu la riconciliazione tra le persone e le famiglie in lite e la risoluzione di contese. Nel 1425 egli predicò tutti i giorni per sette settimane nella città di Siena. La sua predicazione naturalmente gli provocò astio e inimicizia negli ambienti che egli fustigava con parole dure e molto sovente addirittura crude: ad esempio quello degli usurai e di chi teneva aperte le bische del gioco d’azzardo. Tali risentimenti dettero luogo anche a polemiche molto aspre, come quella con il domenicano Manfredi da Vercelli (un’interessante figura legata al modello, anch’esso domenicano, di san Vincenzo Ferrer) a proposito della figura dell’Anticristo, nonché a un’accusa insidiosa: quella di idolatria e di superstizione, pretesto della quale fu l’adorazione del Nome del Cristo (il trigramma IHS) di cui egli era ardente propagatore. Si giunse addirittura a un processo per eresia, che Bernardino sostenne a Roma nel 1427 e dal quale uscì indenne anche grazie alla sapienza e all’accortezza del teologo Paolo Veneto. Anzi, papa Martino V, che lo conobbe durante quel processo, ne rimase impressionato al punto di chiedergli di predicare anche a Roma: il ciclo romano di prediche di Bernardino, voluto dal papa, durò 80 giorni consecutivi con uno straordinario concorso di gente. Una predica durava mediamente un’ora: esistono tuttavia prediche documentate e trascritte che durano sino a quattro ore. Gli argomenti che egli trattava erano ardui, sovente fonte di scandalo, non di rado oggetto di discussione anche in seguito e fino ai giorni nostri: così le sue dure denunzie nei confronti del gioco d’azzardo, del lusso, dei rapporti omosessuali, delle pratiche abortive e stregoniche. La denunzia bernardiniana dei rapporti tra aborto e stregoneria è rimasta alla base della definizione della figura della strega dal Quattrocento al Settecento. A Roma Bernardino tornò nel 1433, per l’incoronazione solenne dell’imperatore Sigismondo. Ci volle tuttavia una bolla pontificia, emanata da Eugenio IV il 7 gennaio del 1432, per mettere del tutto a tacere i suoi calunniatori e detrattori.