• 22 Novembre 2024 2:05

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

“Una pastorale giovanile che educa all’amore“. È il titolo del sussidio realizzato dai Salesiani per offrire agli educatori uno strumento aggiornato in grado di sistematizzare i concetti e gli atteggiamenti legati all’educazione affettiva e sessuale. Nel testo, per ora ad uso interno, che è stato curato da don Miguel Angel Garcìa Morcuende, consigliere generale per la pastorale giovanile dei Salesiani, e dalla psicologa Antonella Sinagoga si prendono in esame con serenità e approccio scientifico anche le situazioni legate all’orientamento omosessuale e all’identità di genere.

Situazioni che, si ribadisce, nessuno sceglie sulla base di un capriccio o di una moda. «È riduzionismo sostenere che si tratta di un orientamento che viene “semplicemente” scelto con un “atto di volontà” indipendentemente dalle evidenze biografiche genetiche, ormonali, gonadiche o cerebrali…. ».

Di fronte a queste situazioni l’educatore cristiano deve aiutare il ragazzo a comprendere che «la propria sessualità (e al suo interno il proprio orientamento, compreso quello omosessuale) è un’altra dimensione chiamata ad integrarsi nella pienezza della propria esistenza. La percezione dei propri sentimenti o orientamenti omosessuali (e non solo la pratica di atti omosessuali), può produrre nella persona, soprattutto nel giovane che sta costruendo la propria identità, la sensazione di essere fatto male, difettoso o impuro. Questi sentimenti possono portare all’auto-colpevolizzazione e al rifiuto di sé».

Come comportarsi allora? «Sperimentare l’amore e l’affetto di Dio può essere, per chi ha difficoltà ad accettarsi e ad amarsi, un primo passo per sentirsi un figlio amato di Dio. Per questo nella Chiesa dobbiamo favorire ambienti affettivi sicuri, in cui ogni persona possa accogliere la propria realtà, accettarla e condividerla affinché, come dice papa Francesco, possiamo “accompagnarla secondo la sua condizione” (intervista a padre Spadaro, agosto 2013)».

Partendo dalla premessa che «l’atteggiamento cristiano non può tollerare la stigmatizzazione di una persona», si spiega che oggi il Vangelo ispira una nuova prospettiva «che superi la visione negativa e paternalistica degli omosessuali come individui immaturi» e, anche alla luce di quanto indicato da Amoris laetitia, si precisa che la sfida educativa è quella di offrire un accompagnamento di qualità, a livello personale e di gruppo, perché «la comunità cristiana dovrebbe essere il luogo in cui tutte le persone sono protette, rispettate e accolte».

Stesso atteggiamento di grande prudenza per i problemi legati all’identità di genere. «Dobbiamo essere consapevoli che alcune persone hanno un percorso molto difficile che purtroppo può portare depressione e suicidio, presenti in molte biografie». Per questa ragione, si sottolinea, «le nostre comunità devono essere una casa, una dimora e spesso un ospedale per queste persone, proteggendole dall’alienazione e dallo stigma, riconoscendole, accompagnandole, amandole».