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Ritorno alla chiesa di Santa Maria di Gesù: «Così la ricostruiremo»

Dove c’era la chiesa di Santa Maria di Gesù, a Palermo, ora ci sono i calcinacci bruciacchiati, la cenere, le macerie. Il nulla lasciato dal passaggio del fuoco che ha devastato Palermo, negli ultimi giorni di luglio, somiglia a un incubo da cui è complicato risvegliarsi. Ma la speranza vive, incoraggiata da un vasto movimento di solidarietà. È stata già avviata la messa in sicurezza: su disposizione della soprintendente, Selima Giuliano, e dell’assessore comunale al centro storico, Maurizio Carta, è stata eseguita la chiusura di tutti gli accessi, per tutelare quello che rimane. Il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, mostra ottimismo: «La notizia confortante – dice – è che i lavori di restauro riusciranno a recuperare i danni di uno scrigno prezioso per la città. E rincuora come attorno alla chiesa del cimitero di Santa Maria di Gesù si sia attivata una rete di solidarietà che coinvolge privati a livello locale e non solo. Il Comune c’è».

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha visitato i luoghi, esprimendo il dolore di tutti: «Una ferita aperta». La Missione Speranza e Carità, fondata dal missionario laico Biagio Conte mancato qualche mese fa, ha promesso il suo sostegno in manodopera e laboratori artigianali: «Faremo la nostra parte concreta per aiutare la comunità dei frati minori, a cui fratel Biagio era molto legato, così come lo siamo tutti noi» ha detto don Pino Vitrano, il successore. Un segnale è arrivato dalla Svizzera, grazie alla società Anafyo che donerà la progettazione necessaria per ripartire.

Anche qui, su Monte Grifone, si è dunque consumata la distruzione del grande incendio che ha avvolto Palermo. Il fuoco ha gravemente danneggiato le spoglie di San Benedetto il Moro, compatrono di Palermo, con Santa Rosalia. Frate Vincenzo Bruccoleri, il superiore del convento, torna con la memoria a quel terribile giorno di fuoco: «Non dimenticheremo mai lo scorso 25 luglio – racconta –: eravamo in preghiera per le lodi, quando ci siamo accorti dell’incendio. Ci siamo organizzati per evacuare i locali, con il direttore del cimitero, e ci siamo recati nella piazza antistante, per essere protetti meglio. Alle dieci abbiamo pensato che la vampata fosse terminata e siamo rientrati: il convento era integro, a parte dei piccoli focolai. Ci siamo messi a lavorare per spegnerli e per mettere al sicuro il Santissimo». Qualche ora di pausa, prima del ritorno in forze delle fiamme. «La chiesa s’è riempita di fumo, bruciava – racconta Fra’ Vincenzo –. Abbiamo chiamato i vigili del fuoco, ma, in quei momenti, si viveva il delirio. Con noi c’erano l’arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, e il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, arrivati per controllare i danni della mattina. Hanno vissuto insieme e a noi quella terribile devastazione. La chiesa è praticamente distrutta. Le reliquie di San Benedetto sono state gravemente danneggiate, il suo albero è ferito, ma la chioma non è toccata. Abbiamo ricevuto promesse di interventi e di donazioni per ricostruire, una presenza di cui siamo grati».

«Abbiamo trascorso momenti angoscianti, dando una mano per quanto possibile – dice don Salvatore Biancorrosso, segretario dell’arcivescovo –. È necessario fare un salto di qualità nella responsabilità. Siamo rimasti soli non per l’inerzia di chi operava sul campo, che ha realizzato l’impossibile, ma per la mancanza di risorse. Occorre prendersi cura della “casa comune” che appartiene ad ogni uomo e a ogni donna. Ci vorrà l’impegno di tutti per ricostruire un luogo di culto molto importante e per sanare la ferita di una comunità».

(fonte Avvenire)

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