di don Vito Impellizzeri – Il tempo liturgico ci accompagna alla festa di Pentecoste. Nel precedente, seppur recente e immediato, tempo pastorale, si apriva il momento parrocchiale delle cresime. Si raccoglieva il frutto fecondo di un cammino di catechesi e di accompagnamento durato due, tre o addirittura cinque anni. In quel giorno speciale di celebrazione alcuni avevano paura che fosse la festa del congedo dei nostri ragazzi, altri pensavano che ora potevano finalmente crescere con la forza dello Spirito Santo, ed era giusto e quasi vitale che prendessero il largo, perché la loro fede potesse maturare e diventare testimonianza.
Era il momento in cui si segnava la consegna di speranza verso un futuro e nuovo adulto della fede: «Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono», così recita la liturgia. Poi è arrivata la pandemia che ha sconvolto tempi, ritmi, abitudini, certezze. E ora come ricominciare a vivere la Pentecoste spogliata dal primato del tempo delle cresime? Fatte ormai in modo contingentato con un calendario più attento ai contagi che alla liturgia. Il nostro nuovo tempo è tempo favorevole per rimettere al cuore della Pentecoste, come festa liturgica, tre relazioni proprio dello Spirito Santo e con lo Spirito Santo, capaci non solo di attraversare e superare il tempo pandemico, ma anche di ridare la forza del principio e dell’inizio a una nuova epoca testimoniale di cristianesimo. Ricominciamo dallo Spirito Santo, e dunque a Pentecoste!
Quando Gesù, crocifisso e abbandonato, è stato fatto peccato ed è entrato nella morte, ha consegnato il suo soffio vitale, il suo respiro, il suo legame di Spirito al Padre. Nella risurrezione il Padre, cercato e ritrovato e riconosciuto suo Figlio tra i morti, gli dona un nuovo respiro, un nuovo soffio vitale nella sua carne, un nuovo legame di Spirito Santo, nuovo perché più forte della morte, nuovo perché nella carne risuscitata, nuovo perché non riguardava semplicemente la sua identità di Logos, di Parola, ma anche la sua condizione di carne, di umanità.
La risurrezione è il nuovo legame di Spirito Santo tra il Padre e il Figlio nella sua carnalità, nella sua condizione umana. Ora, a Pentecoste, lo stesso Spirito, legame nuovo, viene donato, effuso, sugli Apostoli, perché in essi e attraverso di essi la Parola che è Il Figlio, la stessa Parola fatta carne fino alla croce e alla risurrezione, sia in modo nuovo capace di generare un nuovo corpo della Parola, la comunità, la Chiesa. Lo Spirito, che già ricoprì il grembo della Madre di Nazareth perché in esso si intessesse la carne della Parola, ora viene donato alla coscienza e alla testimonianza degli apostoli, della comunità di Gesù, perché generi nel mondo le nuove comunità del Risorto, le nuove Chiese, la Chiesa. Comunità nuove generate da Spirito, Parola, e Comunità apostolica.
Ma lo Spirito, che veramente fa nuove tutte le cose, a cominciare finanche dal Figlio con l’incarnazione e la risurrezione, continua questo processo generativo all’interno delle nuove comunità di fede, fino a noi, suscitando in esse carismi e ministeri. Nella comunità, nuova carne di risurrezione, essi sono doni per poter vivere allo stesso modo del Risorto e per vivere di lui. Non sono semplicemente e solamente dei servizi, ma sono legami nuovi di risurrezione generati dallo Spirito per mezzo della Parola che è il Figlio. Con essi lo Spirito, attraverso le comunità dove vengono donati, struttura un terzo legame nuovo di risurrezione, quello con la storia dell’intera famiglia umana, e pone in essa il germe di risurrezione, ovvero il Regno di Dio. Tutta la creazione attende la pienezza di risurrezione come le doglie di una partoriente. I legami comunitari di risurrezione, carismi e ministeri, dono di Spirito Santo, sono una buona e nuova esperienza pentecostale con cui generare per mezzo della Parola un nuovo stile di cristianesimo.
(Fonte Diocesi di Mazara)