Quanto sei “vecchio” don Bosco, alle volte fermo e ancorato al passato, attaccato a quel maledetto “si è sempre fatto così”, quando ancora ci ostiniamo a volerti seguire con i tuoi tempi e non al passo con i tempi.
Quanto sei “avanti” don Bosco, quel famoso 31 Gennaio i medici ti dissero che eri una veste logora, consumata dal tempo e spesa interamente al servizio della gioventù soprattutto la più povera ed abbandonata.
Quanto sei “vecchio” don Bosco, quando con la “scusa” di amare quello che amano i giovani incappiamo nella “sindrome di Peter Pan”, dimenticandoci che i giovani oggi gridano la presenza di punti fermi e non di compagnoni.
Quanto sei “avanti” don Bosco, che nonostante vivessi in un’epoca senza social e senza i potenti mezzi comunicativi riuscivi ad arrivare a tutti e a tutte; senza neanche postare il cibo che mangiavi.
Quanto sei “vecchio” don Bosco, quando ancora la nostra Pastorale si rifugia nella sua confort zone, magari proponendo le stesse cose che si fanno da 20 anni perché è meno rischioso che osare e aprirsi al nuovo.
Quanto sei “avanti” don Bosco, che ancora credi nella forza della comunità, nell’ambiente che educa invece di lasciare spazio ai “battitori liberi”.
Quanto sei “vecchio” don Bosco, quando ancora i tuoi figli faticano ad uscire dalla mentalità del collegio con gli orari rigidi e impassibili di fronte ad una gioventù che invece è tutta dinamica
Quanto sei “avanti” don Bosco, che credi nei giovani e gli dai persino fiducia.
Quanto sei “vecchio” don Bosco, quando ancora ci ostiniamo a firmare le varie attività che l’opera propone con il ruolo dei singoli: “il parroco”, “l’incaricato dell’Oratorio”, “il Direttore”, e non capiamo invece che non è il singolo ad educare ma l’intera Comunità Educativo Pastorale.
Quanto sei “avanti” don Bosco, che credi ancora nella legalità e nel lavoro; sei stato addirittura la prima persona in Italia a siglare un contratto da apprendistato tra un datore di lavoro ed un giovane.
Quanto sei “vecchio” don Bosco, quando i tuoi figli oggi non puntano più sull’oratorio/centro giovanile; quando si da importanza a ciò che è marginale, oppure quando si decide di puntare sempre sugli stessi, senza mai sentire una voce fuori dal coro.
Quanto sei “avanti” don Bosco, libero di andare là dove il Signore ti chiedeva, capace di chiedere ai suoi salesiani di spostarsi da una parte all’altra.
Quanto sei “vecchio” don Bosco, quando ancora si fatica a lavorare con i laici e con i membri della famiglia salesiana in quanto il più delle volte vuol dire scendere dal piedistallo e mettersi in cammino, collaborando con tutti e con il territorio dove si vive e opera.
Quanto sei “avanti” don Bosco, che non dai passo, non pronunci parola e non metti mano ad un’impresa che non ha di mira la salvezza della gioventù.
Quanto sei “vecchio” don Bosco, quando a tutti i costi bisogna contestare i “superiori”, coloro che hanno ruoli di governo perché non si crede più nel ruolo dell’autorità a servizio del Signore, o perché semplicemente è più facile fare il finto rivoluzionario con le braccia conserte.
Quanto sei “avanti” don Bosco, che da più di 150 anni, nonostante tutto, continui la tua missione educativa senza mai stancarti, senza mai smettere anche quando il vento non soffia a tuo favore.
Febbraio 1888 così il Corriere della Sera (testata giornalistica di stampo laico) scrisse della morte don Bosco: «Un’esistenza tutta spesa in opere di religione e di carità. Ci auguriamo che anche nel campo liberale ci possano essere tanti uomini, i quali di don Bosco abbiano la mente organizzativa davvero superiore e sorretta da quella forza di volontà da quella perseveranza che conduce a compiere le più meravigliose imprese». Mente organizzativa, forza di volontà, perseveranza e, aggiungeremo noi, Fede e docilità allo Spirito; ecco come essere don Bosco vivo oggi.
(Fonte: insieme.sdbsicilia.org – Stefano Cortesiano SDB)