Quando la fede va oltre l’apparenza

Commento di Fra Marcello Buscemi e Tiziana Frigione

Letture: 1Cor 15,1-8; Sal 18; Gv 14,6-14

Riflessione biblica

“Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,8). Filippo: una persona a cui piace la concretezza. Così, nel caso della moltiplicazione dei pani osserva: “Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?”. E ora chiede di poter vedere il Padre: “e ci basta”. Crede in Gesù, ma vorrebbe vedere dei “segni” concreti. E Gesù gli insegna a fidarsi, moltiplica il pane e gli comunica il vero amore di condivisione. La fede è andare oltre l’apparenza: vedere il volto di Gesù e scoprire in lui i veri lineamenti del volto del Padre. Non bisogna mai fermarsi all’apparenza. Gesù ci mostra l’amore del Padre per noi, per la salvezza di tutti gli uomini: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Ci mostra la gioia di Dio per la conversione di un peccatore pentito: “Facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,23-24). Convinciamoci: “Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18). Solo Gesù ci manifesta il vero Dio e tutto l’amore che ci porta: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).filippo-e-giacomo-300x219 Quando la fede va oltre l'apparenza

Sulla stessa linea di fede e di concretezza si pone Giacomo, “figlio di Alfeo”, che riteneva che la vera fede consiste nella conformità a Cristo nelle prove: “Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla” (Gc 1,2-4). Consiste nell’ascolto attento della parola di Dio: “Accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza. E siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo smemorato” (Gc 1,21-24). E soprattutto la fede deve spingerci ad amare i poveri come li ha amati Dio e Gesù: “Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano? A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve?” (Gc 2,14-16). Seguiamo Gesù con fede e concretezza di vita.

Lettura esistenziale

Il senso della nostra vita lo scopriamo nella relazione con il Padre, perché in noi accade qualcosa, facciamo esperienza di un amore speciale, lo sentiamo personalmente, intimamente ed impariamo ad avere fiducia in lui. In noi nasce la gioia, la vita, la luce , la forza di incontrare ciò che prima ci spaventava. E’ il dono dello Spirito, che riceviamo quando Gesù va al Padre, che ci permette di conoscerlo, perché esistiamo come frutto del suo amore e ci realizziamo pienamente quando viviamo di questo amore, quando facciamo quello che fa il Padre. Se ci aspettiamo qualcosa di diverso, se pensiamo di sapere ciò di cui abbiamo bisogno e chiediamo cose, non realizziamo la gloria di Dio, significa che non abbiamo ancora conosciuto l’amore , non abbiamo compreso che Gesù è la via che ci conduce al Padre , l’unica che ci restituisce la verità di noi stessi e ci fa realizzare pienamente la vita vera, quella che ci fa esistere come figli, uguali al Padre. L’opera è proprio l’esperienza dell’amore, la relazione che in ogni istante possiamo vivere nel suo nome, che ci fa credere e compiere “opere più grandi”, cioè amare il Padre ed amare i fratelli con lo stesso amore di Dio. Le parole di Gesù così acquistano un significato più autentico: “Qualunque cosa chiederete nel mio nome , la farò, perché il Padre sia glorificato nel figlio”. Impariamo da Gesù ad essere una cosa sola con Dio, perché l’amore ci fa dimorare in lui, manifestare la sua presenza, compiere le opere che nel suo nome realizzano l’amore ed il nostro unico desiderio, quello più profondo, diventa quello di avere sempre il suo Spirito. Credendo fondiamo la nostra vita su questo amore e le nostre azioni , le nostre parole, sono efficaci, se esprimono la nostra identità di figli e tutto ciò che chiediamo ed otteniamo nella preghiera è Dio stesso.

Oggi ricordiamo Filippo e Giacomo , insieme hanno avuto realmente un rapporto stretto con Gesù, lo hanno seguito ed hanno vissuto con lui, sono suoi testimoni, hanno dedicato tutta la vita alla evangelizzazione fino a morire da martiri, perché credere in Gesù non ammette compromessi, nel senso che l’amore per Gesù può essere solo assoluto e per entrambi è unito alle opere. Anche noi oggi, in ogni istante , siamo chiamati a discernere tra l’amore e ciò che ci separa da lui, a riconoscerne i frutti. Da Filippo, che sa di aver trovato il Messia in Gesù, impariamo che non basta annunciarlo soltanto, ma invitare tutti a fare esperienza di lui, di conoscerlo da vicino: “Vieni e vedi!”.

Tutto di noi stessi è coinvolto nell’esperienza con Gesù e grazie a Filippo, che esprime per tutti noi, direttamente a Gesù , il desiderio di vedere il volto di Dio, abbiamo la rivelazione più importante, quella di poter scoprire il volto invisibile del Padre guardando Gesù, con uno sguardo di fede.

 

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