Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Lunedì della II settimana del Tempo Ordinario
Lettura: Eb 5,1-10; Sal 109; Mc 2,18-22
Riflessione biblica
“Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare” (Mc 2,18-22). Il migliore commento? Quello del saggio Qohelet: “Ogni cosa a suo tempo. C’è un tempo per digiunare e un tempo per far festa (Eccl 3,1-8). In ogni caso, non siamo cristiani perché digiuniamo o frequentiamo la Messa; siamo cristiani perché crediamo che Gesù è in noi e in mezzo a noi. Noi non siamo discepoli di Giovanni Battista: per loro il digiuno era un rito di penitenza e di umiliazione, che doveva rendere l’uomo gradito a Dio. Non digiuniamo neppure alla maniera dei farisei: un rito di purificazione dall’impurità e di sottomissione a Dio. Isaia aveva già riprovato tale digiuno: “È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore?” (Is 58,5). Non digiuniamo per sentirci giusti: “Rendo loro (i giudei) testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza. Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio” (Rom 10,2-3). Non digiuno, per sentirmi meglio o per sentirmi purificato dai miei peccati, ma digiuno per essere in comunione con Gesù ed agire secondo il suo progetto di amore, condividendo i beni di questo mondo con chi ha bisogno: “Non è questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti?” (Is 58,6-7). Gesù è sempre con noi, quindi il digiuno che vuole è quello de rinnovamento del cuore, per agire non più secondo il proprio io, ma secondo Dio. Il digiuno sia un atto di amore solidale con chi ha bisogno: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
Lettura esistenziale
“Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?»” (Mc 2, 18). Mentre Gesù si trova a tavola in casa di Levi, il pubblicano, i farisei e i seguaci di Giovanni Battista gli domandano perché i suoi discepoli non stanno digiunando come loro. Gesù risponde che gli invitati a nozze non possono digiunare mentre lo sposo è con loro; digiuneranno quando lo sposo sarà loro tolto (cfr Mc 2, 18-20). Così dicendo, Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d’Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l’ora del lutto e del digiuno. Questo episodio evangelico illumina anche il significato della Quaresima che ogni anno la Chiesa ci chiama a vivere. Essa, nel suo insieme, costituisce un grande memoriale della passione del Signore, in preparazione alla Pasqua di Risurrezione. Durante questo periodo ci si astiene dal cantare l’alleluia e si è invitati a praticare forme opportune di rinuncia penitenziale. Il tempo di Quaresima non va affrontato con spirito “vecchio”, quasi fosse un’incombenza pesante e fastidiosa, ma con lo spirito nuovo di chi ha trovato in Gesù e nel suo mistero pasquale il senso della vita e avverte che tutto ormai deve riferirsi a Lui. Possa la nostra vita essere come “un’anfora nuova”, pronta ad accogliere il “vino nuovo” portato da Cristo, cioè lo Spirito Santo.