Commento al Vangelo di Don Ciro Lo Cicero
XIX domenica del Tempo Ordinario
Letture: Sap 18,6-9; Sal 32; Eb 11,1-2.8-19; Lc 12,32-48
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
La Parola di Dio di questa domenica ci ricorda che la nostra vita è un cammino verso l’incontro finale con il Signore, e ci insegna che, in questo viaggio verso l’eternità, è necessario tenerci sempre pronti, perché il Signore verrà improvvisamente e ci chiederà conto della nostra vita.
In tutto ciò ci è necessaria la Fede.
Solo la fede ci dona la grazia di aprirci all’opera di Dio in noi e attorno a noi.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al n°166, leggiamo: “La fede è un atto personale: è la libera risposta dell’uomo all’iniziativa di Dio che si rivela. La fede però non è un atto isolato. Nessuno può credere da solo, così come nessuno può vivere da solo. Nessuno si è dato la fede da se stesso, così come nessuno da se stesso si è dato l’esistenza. Il credente ha ricevuto la fede da altri e ad altri la deve trasmettere. Il nostro amore per Gesù e per gli uomini ci spinge a parlare ad altri della nostra fede. In tal modo ogni credente è come un anello nella grande catena dei credenti. Io non posso credere senza essere sorretto dalla fede degli altri, e, con la mia fede, contribuisco a sostenere la fede degli altri”.
Spesso si pensa che la fede dipenda solo ed esclusivamente da noi, dalla nostra bravura, dalle nostre preghiere, e basta. Non è così! Non dobbiamo smarrire il senso “itinerante” della fede che entra nella vita quotidiana e cammina con noi all’interno delle gioie, delle speranze e delle attese di ogni giorno.
La fede è dono di Dio e noi siamo al servizio della fede dei nostri fratelli, cioè chiamati a sostenere, suscitare, richiamare e proporre loro l’apertura totale a Dio. La fede in Dio non può ridursi ad un’opera di propaganda o ad un qualcosa da fare, né tantomeno ad opere di carattere sociale (seppur qualificate e utili). Abbiamo una grande responsabilità. Ma anche di fronte a questa responsabilità non dobbiamo pensare di fare tutto da soli. E’ il Signore che fa crescere in noi lo spirito di figli adottivi e ci dona ancora speranza in lui. Siamo chiamati a tenere sempre la cintura ai fianchi per meglio operare e avere le lucerne accese per vegliare nell’attesa dello Sposo, e aprirgli appena viene e bussa alla porta.
Dice, ancora, Gesù nel Vangelo: «…dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore». (v.34)
- Quale è il mio “tesoro”, per il quale sono capace di trascurare tutto il resto?
- Dov’è, in questo preciso momento della mia vita, il mio cuore?
Ciascuno di noi cerchi di dare una risposta sincera.
Buona riflessione.