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Pranzo di Sant’Agata con i poveri: “La carità salverà Catania”

Tradizione agatina vuole che, a seguito del solenne Pontificale, l’Arcivescovo di Catania condivida il pranzo in Arcivescovado con le autorità civili e religiose. Quest’anno (coincidenza vuole che il 5 febbraio sia anche la Giornata nazionale dell’antispreco) il momento conviviale si è svolto, ma è cambiata la location – la chiesa di San Nicolò l’Arena – e l’invito è stato esteso a circa cinquecento catanesi che vivono in condizioni di fragilità.

«Penso che non ci sia maniera più cristiana – spiega monsignor Renna – di vivere una festa che condividerla con i poveri». E così si sono mobilitati, sotto l’organizzazione della Comunità di Sant’Egidio, della Caritas e del Comitato per la Festa, tanti volontari provenienti da diverse realtà: aggregazioni laicali, scuole, movimenti religiosi già impegnati nella risposta alle esigenze espresse dai beneficiari.

Già dal 3 febbraio la macchina organizzativa si è messa in moto per realizzare «un fatto nuovo per la festa di Sant’Agata, che testimoni l’esistenza di una Chiesa siciliana che, attraverso i suoi vescovi, serve queste persone» dice Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio. Gli fa eco don Nuccio Puglisi, direttore della Caritas diocesana: «Agata significa ‘buona’, e la bontà quando è vera non è mai occasionale. Ciò distingue – spiega – un’abitudine al volontariato da un habitus, che è una virtù, e la carità è la più importante».

“Carità” è indubbiamente la parola chiave; lo si percepisce – esplicitamente o meno – dalle testimonianze raccolte durante l’evento, a cui erano presenti anche il sindaco Enrico Trantino, i vescovi di Cefalù (Giuseppe Marciante) e Nicosia (Giuseppe Schillaci), gli arcivescovi emeriti di Catania (mons. Salvatore Gristina) e di Monreale (mons. Michele Pennisi) e lo showman Giuseppe Castiglia, che ha cantato davanti ad «un pubblico importante», accompagnato da don Nuccio, i brani “Catania (figghiozza d’o Patri Eternu)” e “Agata”.

«Diceva monsignor Renna che la carità salverà non solo la nostra città, ma anche il mondo che ci circonda oggi, martoriato da guerre e violenza – ribadisce Angela Pascarella della Comunità di Sant’Egidio -. Questo di oggi non è un pranzo per i poveri, ma con i poveri. Oggi in questa sala c’è un “noi”. È ciò che papa Francesco richiama nella “Fratelli tutti”: essere una grande fraternità».

Tra i volontari che si occupano dell’accoglienza e del servizio ai tavoli ci sono Martina e Margherita, studentesse universitarie: «È la prima volta che partecipiamo ad un evento simile, nonostante svolgiamo regolarmente attività di volontariato. Abbiamo conosciuto un aspetto della realtà cittadina non sempre sotto i riflettori. Abbiamo avuto occasione di conversare con la gente a cui portavamo il piatto, ascoltato le loro storie e scattato una foto insieme. È stato bello poter vivere questa esperienza in prima persona».

Anche Catia, un’altra volontaria, condividendo le parole di Angela rimarca: «Carità vuol dire abbattere i muri. Trovare la meraviglia dell’umano nel fratello che abbiamo accanto».

(fonte: prospettive.eu)

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