Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Venerdì dopo le ceneri
Letture: Is 58,1-9; Sal 50; Mt 9,14-15
Riflessione biblica
“Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?” (Mt 9,14-15). Se ciò è vero, perché digiunare in Quaresima? Può sembrare un controsenso, dato che il Signore è sempre con noi, l’Emmanuele, il Dio con noi. Eppure, anche il digiuno è un modo di unirci a Gesù e stare con lui: “condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo, digiunò quaranta giorni e quaranta notti”. Anche noi facciamo esperienza di deserto e di tentazione, per questo ci uniamo a Gesù, per poter dire con lui: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). L’importante non è il digiuno come pratica ascetica di purificazione dei nostri bisogni personali o di estetismo: a questo ci pensano le diete più o meno ferree. Per noi, il digiuno è un lasciare che Gesù e la sua parola di verità, di giustizia e di santità operi nella nostra vita. È un cammino di trasformazione interiore, per essere in comunione con colui che ci libera dal male, ci purifica con la grazia, ci trasforma nell’amore. È un liberarsi dal proprio egoismo, per edificarci insieme ai fratelli e sorelle in corpo di Cristo e vivere nell’amore reciproco: “Agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità” (Ef 4,15-16). È un modo di crescere nello Spirito del Signore: “Il regno di Dio non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo, ricerca di ciò che porta alla pace e all’edificazione vicendevole” (Rom 14,17.19). E, mossi anche noi dallo Spirito, il digiuno ci fa attenti ai bisogni dei fratelli e sorelle, per dare loro il nostro aiuto e quindi edificare il corpo di Cristo nell’amore: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce” (Is 58,9-10).
Lettura esistenziale
“Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?” (Mt 9, 15). Così dicendo, Cristo rivela la sua identità di Messia, Sposo d’Israele, venuto per le nozze con il suo popolo. Quelli che lo riconoscono e lo accolgono con fede sono in festa. Egli però dovrà essere rifiutato e ucciso proprio dai suoi: in quel momento, durante la sua passione e la sua morte, verrà l’ora del lutto e del digiuno.
La Quaresima, nel suo insieme costituisce un grande memoriale della passione del Signore, in preparazione alla Pasqua di Risurrezione. Durante questo periodo ci si astiene dal cantare l’alleluia e si è invitati a praticare forme opportune di rinuncia penitenziale.
Possiamo domandarci quale valore e quale senso abbia per noi cristiani il privarci di un qualcosa che sarebbe in se stesso buono e utile per il nostro sostentamento. Le Sacre Scritture e tutta la tradizione cristiana insegnano che il digiuno è di grande aiuto per evitare il peccato e tutto ciò che ad esso induce. Per questo nella storia della salvezza ricorre più volte l’invito a digiunare. Nel Nuovo Testamento, Gesù pone in luce la ragione profonda del digiuno, stigmatizzando l’atteggiamento dei farisei, i quali osservavano con scrupolo le prescrizioni imposte dalla legge, ma il loro cuore era lontano da Dio. Il vero digiuno, è piuttosto compiere la volontà del Padre celeste, il quale “vede nel segreto, e ti ricompenserà”
Scrive san Pietro Crisologo: “Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno, perciò chi prega digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica.”
Il digiuno va dunque inteso e vissuto come la chiamata di ogni cristiano a “non più vivere per se stesso, ma per colui che lo amò e diede se stesso per lui” (cfr Gal 2, 4) e anche a vivere per i fratelli.