Cari fratelli e sorelle!
Dopo aver riflettuto, negli anni scorsi, sui verbi “andare e vedere” e “ascoltare” come condizione per una buona comunicazione, vorrei con questo Messaggio per la LVII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali soffermarmi sul “parlare con il cuore”. È il cuore che ci ha mosso ad andare, vedere e ascoltare ed è il cuore che ci muove a una comunicazione aperta e accogliente. Dopo esserci allenati nell’ascolto, che richiede attesa e pazienza, nonché la rinuncia ad affermare in modo pregiudiziale il nostro punto di vista, possiamo entrare nella dinamica del dialogo e della condivisione, che è appunto quella del comunicare cordialmente. Una volta ascoltato l’altro con cuore puro, riusciremo anche a parlare seguendo la verità nell’amore (cfr Ef 4,15).
Gesù ci avverte che ogni albero si riconosce dal suo frutto (cfr Lc 6,44): «L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (v. 45). Per questo, per poter comunicare secondo verità nella carità, occorre purificare il proprio cuore. Solo ascoltando e parlando con il cuore puro possiamo vedere oltre l’apparenza e superare il rumore indistinto che, anche nel campo dell’informazione, non ci aiuta a discernere nella complessità del mondo in cui viviamo. L’appello a parlare con il cuore interpella radicalmente il nostro tempo, così propenso all’indifferenza e all’indignazione, a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica e strumentalizza la verità.
Comunicare cordialmente
In un periodo storico segnato da polarizzazioni e contrapposizioni – da cui purtroppo anche la comunità ecclesiale non è immune – l’impegno per una comunicazione “dal cuore e dalle braccia aperte” non riguarda esclusivamente gli operatori dell’informazione, ma è responsabilità di ciascuno.
Tutti siamo chiamati a cercare e a dire la verità e a farlo con carità. Noi cristiani, in particolare, siamo continuamente esortati a custodire la lingua dal male (cfr Sal 34,14), poiché, come insegna la Scrittura, con la stessa possiamo benedire il Signore e maledire gli uomini fatti a somiglianza di Dio (cfr Gc 3,9). Dalla nostra bocca non dovrebbero uscire parole cattive, «ma piuttosto parole buone che possano servire per un’opportuna edificazione, giovando a quelli che ascoltano» (Ef 4,29).
A volte il parlare amabile apre una breccia perfino nei cuori più induriti. Ne abbiamo traccia anche nella letteratura. Penso a quella pagina memorabile del cap. XXI dei Promessi Sposi in cui Lucia parla con il cuore all’Innominato sino a che questi, disarmato e tormentato da una benefica crisi interiore, cede alla forza gentile dell’amore. Ne facciamo esperienza nella convivenza civica dove la gentilezza non è solo questione di “galateo”, ma un vero e proprio antidoto alla crudeltà, che purtroppo può avvelenare i cuori e intossicare le relazioni. Ne abbiamo bisogno nell’ambito dei media, perché la comunicazione non fomenti un livore che esaspera, genera rabbia e porta allo scontro, ma aiuti le persone a riflettere pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre rispettoso, la realtà in cui vivono.
La comunicazione da cuore a cuore: “Basta amare bene per dire bene”
È a partire da questo “criterio dell’amore” che, attraverso i suoi scritti e la sua testimonianza di vita, il santo vescovo di Ginevra ci ricorda che “siamo ciò che comunichiamo”. Lezione oggi controcorrente in un tempo nel quale, come sperimentiamo in particolare nei social network, la comunicazione viene sovente strumentalizzata affinché il mondo ci veda come noi desidereremmo essere e non per quello che siamo. San Francesco di Sales disseminò numerose copie dei suoi scritti nella comunità ginevrina. Tale intuizione “giornalistica” gli valse una fama che superò rapidamente il perimetro della sua diocesi e perdura ancora ai nostri giorni. I suoi scritti, ha osservato San Paolo VI, suscitano una lettura «sommamente piacevole, istruttiva, stimolante»[3]. Se guardiamo oggi al panorama della comunicazione, non sono proprio queste le caratteristiche che un articolo, un reportage, un servizio radiotelevisivo o un post sui social dovrebbero soddisfare? Gli operatori della comunicazione possano sentirsi ispirati da questo santo della tenerezza, ricercando e raccontando la verità con coraggio e libertà, ma respingendo la tentazione di usare espressioni eclatanti e aggressive.
Parlare con il cuore nel processo sinodale
Disarmare gli animi promuovendo un linguaggio di pace
In quanto cristiani, sappiamo che è proprio grazie alla conversione del cuore che si decide il destino della pace, poiché il virus della guerra proviene dall’interno del cuore umano[6]. Dal cuore scaturiscono le parole giuste per diradare le ombre di un mondo chiuso e diviso ed edificare una civiltà migliore di quella che abbiamo ricevuto. È uno sforzo richiesto a ciascuno di noi, ma che richiama in particolare il senso di responsabilità degli operatori della comunicazione, affinché svolgano la propria professione come una missione.
Il Signore Gesù, Parola pura che sgorga dal cuore del Padre, ci aiuti a rendere la nostra comunicazione libera, pulita e cordiale.
Il Signore Gesù, Parola che si è fatta carne, ci aiuti a metterci in ascolto del palpito dei cuori, per riscoprirci fratelli e sorelle, e disarmare l’ostilità che divide.
Il Signore Gesù, Parola di verità e di amore, ci aiuti a dire la verità nella carità, per sentirci custodi gli uni degli altri.
Roma, San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2023, memoria di San Francesco di Sales.