Sono tante le istantee dei Giochi Paralimpici di Tokyo. Le lacrime per i successi raggiunti che nascondono i drammi vissuti nei mesi precedenti, come nel caso della schermitrice Bebe Vio alle prese con un’infezione e il timore di una nuova amputazione, o la gioia dell’atleta di Capo Verde Keula Nidreia Pereira Semedo, quarta nelle semifinali dei 200 metri, categoria non vedenti, ma prima nel cuore della sua guida che al termine della gara l’ha chiesta in sposa. Le ultime pose ritraggono Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto sul podio colorato d’azzurro. Tre medaglie sulla pista di atletica che già all’Italia aveva regalato sogni incredibili all’Olimpiade. Tre donne con storie dure alle spalle: gli incidenti stradali che cambiano direzione alla vita e, nel caso di Monica Contrafatto, un’esplosione in Afghanistan che non la uccide ma la segna per sempre. A quel Paese lei dedica la sua vittoria. “L’Afghanistan – afferma – mi ha tolto qualcosa ma in realtà mi ha dato tanto”
Sono i Giochi dell’inclusività, della determinazione, della tenacia. Se si pensa a quello che ogni atleta ha vissuto si comprende la straordinarietà delle loro imprese. Quella che si chiude a Tokyo è la sedicesima edizione, circa quattromila gli atleti in gara appartenenti a 153 Paesi tra questi anche il martoriato Afghanistan. Due gli sportivi presenti: Zakia Khudadadi, prima lottatrice afghana di taekwondo – e seconda donna di sempre del suo Paese – a partecipare alle Paralimpiadi e Hossain Rasouli che ha partecipato al salto in lungo.
Exploit dell’Ucraina e anche dell’Azerbaigian, pioggia di medaglie anche per l’Italia, 69 ed è record