Quest’anno non c’è solo la Santuzza da ricordare nel 400esimo anniversario del ritrovamento delle sue spoglie sul monte Pellegrino. Palermo ricorda anche il primo uomo di colore fatto santo dalla Cristianità, quel San Benedetto il moro che nacque a San Fratello e morì a Palermo nel 1589.
Nacque giusto cinquecento anni fa, figlio di schiavi, diventò compatrono di Palermo e il suo culto si diffuse anche nel sud America. Benedetto diventò Benito da Palermo per gli ispanici, São Benedito o Preto (il Nero) in area lusofona, cioè nelle lande colonizzate dai portoghesi. Benedetto era un santo degli umili, “il santo con la scopa” in cui si riconoscevano milioni e milioni di fedeli. È così presente il suo culto da avere ispirato negli anni ’70 persino una canzone degli Inti-Illimani, “Fiesta de San Benito”.
A Palermo il suo culto sta attraversando una fase di revival culminata con il bel murales in chiave pop realizzato qualche anno fa da Igor Scalisi Palminteri con i bambini del centro San Francesco Saverio sul muro pericolante della chiesa del Crocifisso all’Albergheria.
Il santo sarà ricordato dai Frati minori di Sicilia con il convegno internazionale “Schiavitù e santità nera, iniziato ieri e avrà fine oggi. A 500 anni dalla nascita di San Benedetto il moro” nelle sedi della Facoltà teologica di Sicilia e allo Steri. Un evento promosso in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo e la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia e il sostegno di Sicilbanca e Fondazione Sicana.
Benedetto fu proclamato patrono a Palermo nel 1652, canonizzato solo nel 1807 da papa Pio VII, ma la sua fama era già radicata da più di duecento anni. Una fama a cui contribuirono oltreoceano soprattutto gli schiavi africani. Il numero di essi aumentò in maniera esponenziale nelle Americhe tra il ’600 e il ’700. Serviva tantissima manodopera, in agricoltura e negli apparati produttivi e i conquistadores, armati di pochi scrupoli, armavano navi per fare incetta di schiavi in Africa.
«Gli schiavi – dice Giovanna Fiume, già docente di Storia dell’Università di Palermo – intitolarono a Benedetto altari e celebravano feste annuali con moduli stilistici influenzati dalla cultura africana. San Benedetto facilita l’opera di evangelizzazione degli schiavi africani condotta dai missionari: dagli altari uno schiavo dalla pelle nera indica un modello di santità incentrato sull’umiltà, l’obbedienza, l’amore tra le classi e le razze in un contesto di duro sfruttamento e di schiavitù».
Il via al convegno alle 9,30 alla Facoltà teologica di corso Vittorio Emanuele 463, con l’intervento di Vito Impellizzeri, presidente della Facoltà. Tanti gli interventi in programma. Ci saranno gli studiosi brasiliani Sônia Cristina de Albuquerque Vieira, Alvaci Mendes da Luz e Dário Benedito Rodrigues Nonato da Silva, e il messicano Rafael Castañeda García. Il corpo imbalsamato di San Benedetto il moro, oggetto di venerazione anche per la sua integrità durata secoli, purtroppo è stato aggredito dal devastante incendio che è divampato nei boschi della Conca d’Oro l’estate scorsa. Un rogo che ha anche intaccato anche il famoso cipresso di san Benedetto.
(fonte repubblica.it – Marisa Mangano))