• 21 Novembre 2024 18:23

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

San Girolamo

Letture: Zc 2,5-9.14-15; Ger 31; Lc 9,43-45

Riflessione biblica

“Mettetevi bene in mente: il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato in mano agli uomini” (Lc 9,43-45). Difficile accettare tali parole di Gesù, anzi qualche volta desideriamo un Messia trionfante e glorioso, che lotta contro le potenze del male e opera per ristabilire l’onore di Dio. Siamo invitati a riflettere, perché su di esse poggia la nostra fede. Gesù è il crocifisso, che è stato consegnato per noi, che ha patito molto, è morto per noi offrendo la sua vita, è risuscitato per la nostra salvezza. Per questo, “Non vogliamo sapere altro se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso” (1Cor 2,2). Questa è la vera identità di Gesù secondo il progetto salvifico di Dio: “Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (Lc 24,26-27). Noi discepoli di Gesù fatichiamo a comprendere tale progetto di amore, carico di sofferenza. Pietro ebbe a dire: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai” (Mt 16,22). Gesù ha ammonito Pietro (Mt 16,23), ma avverte anche noi: “Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi” (Lc 9,26). La croce di Gesù segna le nostre giornate, ma ci conduce alla gloria: “Ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi” (Rom 8,18). Essa assume tanti aspetti nella nostra vita di ogni giorno: umiliazioni, sofferenze fisiche e morali, maldicenze e persecuzioni: “Sappiamo che, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione; così, la nostra speranza è salda: siete partecipi delle sofferenze, lo siete anche della consolazione” (2Cor 1,5.7). Così, con Paolo ciascuno di noi può dire: “Mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 2,10).

Lettura esistenziale

“Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini” (Lc 9, 44). All’ammirazione della folla per le opere compiute da Gesù, Egli fa seguire un secondo annuncio della sua passione. E mentre le folle e i discepoli restano colpiti dai suoi prodigi: guarigioni, esorcismi, moltiplicazione dei pani, resurrezione dei morti, Egli sposta la loro attenzione: dalle sue azioni alla sua passione, dalle cose che fa a quelle che subirà. Da cosa riconosciamo che Gesù è Dio? Non dai suoi miracoli, ma dal suo patire sulla croce dettato da un amore senza misura (Mc 15, 39); non dalla moltiplicazione dei pani, ma del suo farsi pane (Lc 24, 30-31); dal suo consegnarsi nelle mani degli uomini (Gv 18, 4-9). L’Eucarestia è il segno della divinità di Gesù: egli spezza il suo corpo e lo dona, versa il suo sangue e lo offre. Dio è amore: egli è in quanto ama; la sua passione per gli uomini, che diventa patire ed offrirsi per loro, è la manifestazione della sua essenza. Ed è anche la manifestazione della nostra stessa essenza, in quanto figli di Dio: chiamati ad amare, in quanto amati; resi capaci di perdonare, in quanto perdonati; sollecitati a donarci gli uni gli altri, in quanto egli si è donato per noi. Dio si consegna nelle mani dell’uomo. Nelle nostre povere mani. Ogni mattina, durante la Santa Messa, le nostre mani che si aprono, che si distendono, diventano, per un breve istante, la sua culla. Lungo la via, al bivio della strada, lo incontriamo nel volto del fratello. Dal suo sguardo capiamo che ha bisogno di noi, delle nostre attenzioni, di un sorriso, di una parola buona. Ancora una volta si mette nelle nostre mani, dipende da noi. Sappiamo riconoscerlo?