• 22 Novembre 2024 3:11

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Lunedì della XVIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Nm 11,4-15; Sal 80; Mt 14,22-36

Riflessione biblica

“Gesù parlò loro dicendo: Coraggio, sono io, non abbiate paura!” (Mt 14,22-36). Parole di conforto e di incoraggiamento, che ci aiutano a superare le difficoltà della vita. Nei momenti bui, nelle tempeste della vita, sono balsamo al cuore. Indicano la presenza costante di Gesù: lui non è mai lontano da noi; e, anche quando sembra essere lontano, lui è lì dinanzi al Padre per intercedere per noi. Vicino al Padre, ma mai lontano da noi: egli è il nostro Paraclito presso il Padre (1Gv 2,1). Ciò è possibile solo se riconosciamo Gesù, con la mente e con il cuore, quale Figlio di Dio, inviato a noi per la nostra salvezza. I dubbi e le incertezze non mancheranno mai, sono quel “mare agitato”, che ci riempie di paura; e perdiamo il senso profondo della fede, al punto da considerare Gesù come un “fantasma”. L’unica nostra sicurezza è affidarci al Signore e con Pietro gridare a Gesù: “Signore, salvaci!”. Nei momenti difficili della vita, quando la tensione interiore preme sulla nostra mente e sul nostro cuore, facendoci perdere l’orientamento, il coraggio e il senso della vita, è proprio il momento di imitare Gesù: “Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo” (Mt 14,23). Sia ferma la fede e orante, altrimenti si finisce come Pietro: il vento delle tempeste aumenta e cominceremo ad affondare in un mare di dubbi. Niente titubanze, e sentiremo la voce di Gesù: “Sono io!”, colui che tutto può e ci dà la forza di continuare a vivere: “Ti basta la mia grazia; la forza si manifesta pienamente nella debolezza” (1Cor 12,9). Guardiamo Gesù crocifisso e la nostra fede troverà sicurezza e audacia: “Dove trovano sicurezza e riposo i deboli se non nelle ferite del Salvatore? Io vi abito tanto più sicuro, quanto più egli è potente nel salvarmi. Il mondo freme, il corpo preme, il diavolo mi tende insidie, ma io non cado perché sono fondato su salda roccia” (S. Bernardo). Gesù è la nostra roccia (1Cor 10,4), il saldo fondamento del nostro vivere da credenti (1Cor 3,11).

Lettura esistenziale

“Signore, salvami!” (Mt 14, 30). Spesso sento dire a tanti cristiani: “Non so pregare”. Ma è la vita stessa che ci insegna a pregare: le situazioni, i bisogni, le necessità, le paure, le tentazioni, le tribolazioni, le gioie. Talvolta si ha una concezione errata della preghiera, come se per rivolgerci a Dio dovessimo indossare altre vesti rispetto a quelle che abbiamo e dimostrarci ineccepibili nel linguaggio, poi però succede che il cuore e la mente siano altrove, cioè assorbiti dai problemi che viviamo. È bene invece agire esattamente al contrario, partire cioè dalla storia e farne una preghiera, con verità e sincerità. Non si è mai visto un innamorato che, per rivolgere parole d’amore alla sua amata, le si presenti con il libro in mano ove attingere le frasi da pronunciare. Non sarebbe credibile. Lo stesso è con Dio. Qui Pietro ha paura di affondare e, dal profondo del cuore, grida a Gesù: “Signore, salvami” e viene subito esaudito. Nell’Antico Testamento leggiamo pure di Mosè che per chiedere la guarigione della sorella Maria, colpita dalla lebbra, non si rivolge a Dio con interminabili preghiere, ma semplicemente gli dice: “Guariscila, Signore!” e il Signore lo ascolta e subito le rende la salute. Davide poi è un esempio molto bello di questo rapporto schietto, semplice e confidenziale con il Signore. Se ha paura che i nemici gli tolgano la vita: chiede aiuto a Dio nella preghiera. Se ha peccato: riconosce il suo peccato e prega per ottenere il perdono da Dio. Se sperimenta una vittoria: loda il Signore consapevole di averla ottenuta per Sua grazia. Di Francesco d’Assisi si dice che era non un uomo che prega, quanto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente, talmente la preghiera gli era divenuta abituale (FF 682). Possa la preghiera fluire anche in noi, semplice e spontanea, come il respiro o il battito del nostro cuore.