Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Mercoledì della IV settimana del Tempo Ordinario
Letture: Eb 12,4-7.11-15; Sal 102; Mc 6,1-6
Riflessione biblica
“Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (Mc 6,1-6). Prima lo ritenevano “folle” (Mc 3,21), poi lo cercavano per riportarlo a casa (Mc 3,31), ora i suoi compaesani si scandalizzano di lui (Mc 6,3). È proprio vero: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1,11). Spero che l’atteggiamento dei “paesani di Gesù” non ci contamini. Sapevano tante cose di Gesù: chi erano i suoi parenti, il suo mestiere, e chissà quante altre cose. Eppure, Gesù rimaneva un mistero per loro: “che sapienza è la sua?”. Riconoscono che nel suo parlare c’è una sapienza che non proviene dagli uomini, ma rimangono nella loro incredulità. Essi non potevano capacitarsi che un povero operaio fosse “il profeta pari a Mosè” e tanto meno il Messia, il grande liberatore dell’Israele di Dio. “Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46). Senza la fede non possiamo conoscere pienamente Gesù. Non basta frequentare la parola, non basta accostarsi ai sacramenti, bisogna che la nostra fede sia vita vissuta in Gesù, con Gesù e per Gesù. Speriamo che Gesù non debba dire anche a noi: “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6,67). Rispondiamo con coerenza di vita: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,69-70). Rimaniamo in Gesù e Gesù rimarrà con noi (Gv 15,4); anzi, “viviamo nella fede del Figlio di Dio, che ci ha amato e ha consegnato se stesso per noi” (Gal 2,20). Per questo, “il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, ci dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore”
Lettura esistenziale
“Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua»” (Mc 6, 5). Dopo che Gesù, a circa trent’anni, aveva lasciato Nazareth e già da un po’ di tempo era andato predicando e operando guarigioni altrove, ritornò una volta al suo paese e si mise ad insegnare nella sinagoga. I suoi concittadini «rimanevano stupiti» per la sua sapienza e, conoscendolo come il «figlio di Maria», il «falegname» vissuto in mezzo a loro, invece di accoglierlo con fede si scandalizzavano di Lui. Questo fatto è comprensibile, perché la familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina. Che questo Figlio di un falegname sia Figlio di Dio è difficile crederlo per loro. Sembra che anche Gesù si faccia una ragione della cattiva accoglienza dei suoi concittadini, ma alla fine del racconto troviamo un’osservazione che rivela il contrario. Scrive, infatti, l’Evangelista che anche Gesù «si meravigliava della loro incredulità» (Mc 6, 6). Allo stupore dei concittadini, che si scandalizzano, corrisponde la meraviglia di Gesù. Anche Lui, in un certo senso, si scandalizza! Malgrado sappia che nessun profeta è bene accetto in patria, tuttavia la chiusura del cuore della sua gente rimane per Lui oscura, impenetrabile: come è possibile che non riconoscano la luce della Verità? Perché non si aprono alla bontà di Dio, che ha voluto condividere la nostra umanità? In effetti, l’uomo Gesù di Nazareth è la trasparenza di Dio, in Lui Dio abita pienamente. E mentre noi cerchiamo sempre altri segni, altri prodigi, non ci accorgiamo che il vero Segno è Lui, Dio fatto carne, è Lui il più grande miracolo dell’universo: tutto l’amore di Dio racchiuso in un cuore umano, in un volto d’uomo. Impariamo da Maria, nostra Madre nella fede, a riconoscere nell’umanità di Cristo la perfetta rivelazione di Dio.