Alla luce di questo discorso dell’Ammonizione I, si può rileggere e comprendere più a fondo la famosa pagina di Tommaso da Celano sul Natale del 1223 vissuto da Francesco a Greccio, nella valle di Rieti (1Cel XXX,84-87: FF 466-471). Vi si narra della cornice scenica voluta dal Santo con la mangiatoia, il fieno, il bue e l’asinello; dell’Eucaristia (la Veglia di Natale) celebrata solennemente sulla mangiatoia; dell’omelia di Francesco, dopo la proclamazione del Vangelo, che rapisce i cuori dei presenti; della visione di un fedele, di Gesù Bambino giacente nella mangiatoia, risvegliato o risuscitato da Francesco.
Cosa ha voluto vivere e rappresentare il Poverello in quella notte santa? Non solo – come evidenzia il Celano – la memoria della concreta povertà del Bambinello a Betlemme, nel momento storico della Natività; bensì anche il mistero della Sua povertà nell’oggi liturgico della Chiesa, nella celebrazione eucaristica. Dov’è infatti il Bambinello a Greccio, nella rievocazione di quel presepe, se non nel Pane e nel Vino consacrati sull’altare, sulla mangiatoia appunto? A Greccio la mangiatoia accoglie ancora Lui, proprio come l’aveva accolto a Betlemme; Lui allora Bambino, Lui ora Pane e Vino.
Greccio, con quella Messa del Natale 1223 celebrata sulla mangiatoia, diventa veramente, come commenta il Celano, una nuova Betlemme. Ma a ben guardare, alla luce dell’insegnamento dell’Ammonizione I, non è solo Greccio la nuova Betlemme. Perché Betlemme, ossia “casa del Pane” (questo in ebraico significa il nome della città), diventa in realtà ogni Messa, ogni celebrazione eucaristica, in qualsiasi luogo del mondo e in qualsiasi tempo della storia avvenga:
«Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote» (Am I, 16-18: FF 144).
Quale allora il senso del presepe di Greccio, della rappresentazione scenica inserita nella celebrazione eucaristica? Probabilmente, quello di una catechesi liturgica in atto. Francesco a Greccio mostra ai presenti visivamente (e forse spiega anche a parole, nell’omelia) qual è il vero significato dell’Eucaristia, di ogni Eucaristia celebrata e vissuta: mistero di povertà e di umiltà, mistero di Incarnazione e di Natale, mistero di Betlemme, “casa del Pane”.
Ci piace, a questo punto, concludere con le stesse parole di Tommaso da Celano, con le parole finali del racconto del Natale di Greccio. Esse si riferiscono alla costruzione della prima chiesetta dedicata a S. Francesco, proprio a Greccio, all’indomani della sua canonizzazione nel 1228.
Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen. (1 Cel 87: FF 471)