Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Santi Timoteo e Tito
Letture: 2Tm 1,1-8; Sal 95; Lc 10,1-9
Riflessione biblica
“Pregate il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!”. Ecco due ardenti “operai della messe del Signore”. Discepoli di Paolo, collaborarono alla diffusione del Vangelo e nella formazione delle prime comunità paoline. Furono “collaboratori di Dio per la nostra salvezza e per edificarci in campo ed edificio di Dio” (1Cor 3,5.9). Sono stati “apostoli” per annunciare la Parola e chiamare tutti gli uomini all’obbedienza della fede; “amministratori” per dispensare i misteri di Dio e così essere “ambasciatori” di riconciliazione tra Dio e l’uomo (2Cor 5,20); “collaboratori di Dio” per rendere fruttuosa la Chiesa, “campo di Dio” e “tempio santo” (1Cor 3,16a), in cui abita lo Spirito di Dio (1Cor 3,16b) e che ha come fondamento unico e insostituibile il Cristo Gesù (1Cor 3,11). Ciò deve farci riflettere: nella Chiesa non esistono solo i Dodici apostoli o i 72 discepoli del Signore, ma ogni credente è un apostolo, un ministro di Cristo “secondo che il Signore gli ha concesso” (1Cor 3,5b): “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno per mezzo dello Spirito, il linguaggio di sapienza, a un altro il linguaggio di conoscenza, a un altro il dono delle guarigioni, a uno il potere dei miracoli o il dono della profezia o il dono di discernere gli spiriti” (1Cor 12,7-10). Così, ciascuno di noi può dire con Paolo: “Guai a me se non annunciassi il Vangelo” (1Cor 9,16). Tra tutti, si distinsero Timoteo, giudeo di nascita, brillò come “servitore e collaboratore di Dio nell’annunciare il Vangelo di Cristo” (1Tes 3,2) e “compì con impegno l’opera del Signore” (1Cor 16,10). E Tito, un pagano convertito al cristianesimo da Paolo (Gal 2,3), fu suo collaboratore energico, a cui egli affidò compiti molto delicati in vista della formazione della comunità di Corinto (2Cor 7,13-15). A loro e a noi si applica l’ammonizione di Paolo a Timoteo: “Tu, uomo o donna di Dio, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni” (1Tm 6,11-12).
Lettura esistenziale
“Il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi” (Lc 10, 1). La missione della Chiesa, che è quella di annunciare il Vangelo, non può essere considerata come una realtà facoltativa. Le prime comunità cristiane hanno compreso che la loro fede non apparteneva ad un solo popolo, ma che riguardava ugualmente tutti gli uomini. È dunque necessario rinvigorire nella Chiesa la coscienza missionaria, presente nel Popolo di Dio fin dalla sua origine. I primi cristiani hanno considerato il loro annuncio missionario come una necessità derivante dalla natura stessa della fede: il Dio nel quale credevano era il Dio di tutti, il Dio uno e vero che si era mostrato nella storia d’Israele e infine nel suo Figlio, dando con ciò la risposta che tutti gli uomini, nel loro intimo, attendono.
Lo Spirito Santo, agente primario di ogni evangelizzazione, non mancherà mai di guidare la Chiesa di Cristo in questa azione. Tuttavia, è importante che l’annuncio del Vangelo sia supportato dalla testimonianza cristiana. Da ciò dipende la stessa credibilità dell’annuncio. Da una parte, è necessaria la Parola che comunichi quanto il Signore stesso ci ha detto. Dall’altra, è indispensabile dare, con la testimonianza, credibilità a questa Parola, affinché non appaia come una bella filosofia o utopia, ma piuttosto come una realtà che si può vivere e che fa vivere. Questa reciprocità tra Parola e testimonianza richiama il modo in cui Dio stesso si è comunicato mediante l’incarnazione del suo Verbo.
La Parola di Dio raggiunge gli uomini attraverso l’incontro con testimoni che la rendono presente e viva.
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