Una chiesa gremita fin dal mattino presto per ricordare don Pino Puglisi, nel trentesimo del martirio. Alle 18.00, nella Cattedrale di Palermo, la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e concelebrata dall’arcivescovo del capoluogo siciliano, monsignor Corrado Lorefice, con i vescovi della Sicilia.
Devoti, credenti e pellegrini si sono fermati a pregare fin dall’alba presso l’altare dell’Immacolata davanti alle spoglie di don Pino, deposte in un sarcofago a forma di spiga a ricordare, come in un brano del Vangelo tanto caro al sacerdote ucciso in odium fidei dalla mafia e proclamato Beato nel 2013, la sua presenza feconda come un chicco caduto nella terra che muore e dà molto frutto. Il caldo non ha scoraggiato i fedeli, e persino i turisti, circondati dalle immagini della mostra fotografica dedicata al sacerdote a Brancaccio, ascoltavano del martirio di don Puglisi e fra questi, qualcuno si è anche commosso.
Zuppi: le mafie sono composte da vigliacchi senza onore
Padre Pino è “un amico attraente, umile e grande – ha detto nell’omelia il cardinale Zuppi – continua con il suo sorriso a farci vergognare di tanta nostra sufficienza, prudenza, paura e con la sua indiscussa passione evangelica ci spinge, individualmente e insieme, a metterci a servizio di Dio e del prossimo e lavorare nel campo di questa nostra città, bellissima e piena di sofferenze. Riviviamo anche il dolore e l’intimo senso di sdegno per la violenza brutale che lo ha ucciso. Quella violenza ha un nome che contiene tanti nomi, ma tutti di morte: mafia. Il suo assassinio lo unisce a tanti martiri che si sono contrapposti alla mafia e alle mafie, composte tutte da vigliacchi, da uomini senza onore, che sono forti perché si nascondono, abili e untuosi a corrompere e che si arricchiscono vendendo morte. Hanno ucciso a freddo un povero indifeso che ha solo amato e lo ha fatto fino alla fine. Il sorriso fu la sua risposta, per certi versi il suo perdono. Vale ancora oggi, però, per loro e per tutti noi il monito, che incute timore e tremore, lanciato con commovente sdegno e incredibile forza proprio trenta anni or sono da San Giovanni Paolo II: “Convertitevi! Verrà il giudizio di Dio!”.
La voce di padre Pino: schiva, non urlata ma chiarissima
“Sono passati trent’anni da quel 15 settembre, giorno del suo compleanno e giorno della sua nascita al cielo, giorno nel quale la Chiesa celebra la Madre di Dio addolorata. La nostra madre Chiesa resta con Lei sotto tutte le croci che gli uomini insensati continuano a fabbricare per distruggersi. Molti di voi custodiscono ricordi personali di padre Pino, indelebili nell’anima. Altri, come me, non lo hanno conosciuto personalmente, ma spiritualmente e direi anche umanamente, affettivamente, perché sentiamo la sua esperienza di vita e di fede fraterna e personale. È sempre così la santità: si diffonde da sola e fa sentire amico e vicino chi la trasmette. Questa – ha proseguito – è la comunione dei santi, legame affettivo che ci unisce e supera il tempo e le distanze, generativa di vita e di amore. La Chiesa è comunione tra i suoi figli e tra la comunità del cielo e quella della terra. La voce di padre Pino, schiva ma chiarissima, non urlata, non esibita, da innamorato di Cristo che per questo faceva innamorare del Vangelo, ci incoraggia a spenderci per il bene e richiama le nostre coscienze assopite o pavide a non abituarci o giustificare atteggiamenti e sistemi ingiusti, disumani e non cristiani. Il male lo vincono gli umili e i semplici. Don Pino lo ha vinto anche con il sorriso, che ricorda la gentilezza indicata da Papa Francesco come il primo modo per essere fratelli tutti. Il sorriso mette a proprio agio il prossimo, fa sentire chi lo riceve accolto e libera dal sussiego e dall’alterigia chi si prende troppo sul serio invece di prende sul serio l’altro”.
Con il sorriso disarmato disarmava, creava casa
“Don Pino con il sorriso disarmato – ha aggiunto il presidente della CEI – disarmava e dava cuore a chi incontrava, creava casa. Non era un prete antimafia secondo le etichette sociali e mediatiche. Peraltro un cristiano se è tale è sempre contro le mafie! Era un prete, un prete buono, un cristiano, che divorava la Parola di Dio e non si è mai stancato di spezzarla per tutti e proprio perché uomo di preghiera combatteva per la libertà dei suoi ragazzi. Non condannava nessuno, ma cercava di salvare tutti come poteva, più che poteva. Non si è mai risparmiato. Amava farsi aiutare da tanti, chiedendo a ciascuno di fare un pezzo, il proprio, dando valore a questo. E lui era sempre il primo a fare la sua parte. Ecco la differenza tra il protagonista e l’umile lavoratore: il primo si serve degli altri, il secondo li serve; uno brilla di luce e la tiene per sé, il secondo accende di luce il fratello e la dona a chi è nel buio”.
Don Pino ci aiuta a non avere paura di amare sino alla fine
“Nella battaglia contro il male – ha proseguito Zuppi – nessuno sia lasciato solo. Penso ai presbiteri, ai religiosi, ai laici che rischiano quotidianamente; così come penso ai magistrati e alle forze dell’ordine che tengono fede al proprio dovere di uomini e donne dello Stato che è di tutti e per tutti. Lo fanno ordinariamente, tutti i giorni, perché tutti i giorni sia normale la giustizia e il diritto. Abbiamo proprio bisogno di Gesù per capire e scegliere. Ci è davvero “necessario”. “Se a Palermo qualcuno vuol trovare Dio, quel Dio-Amore che Gesù ha mostrato, che non finisce e dona beatitudine, oggi lo trova nel corpo caduto in terra di Padre Pino Puglisi. Lui è il chicco di grano – ha aggiunto il presidente della CEI – caduto in terra e morto e lui, amico di Gesù, ci aiuta a non avere paura di amare sino alla fine. Il suo frutto lo viviamo anche noi oggi ed è la speranza che nelle situazioni più disperate si può sempre fare qualcosa, iniziando dalle cose piccole. Il suo frutto è un Vangelo vivo che ci fa scegliere di stare, senza pericolose titubanze che rendono vulnerabili, dalla parte della giustizia e quindi dei ragazzi per sottrarli alla strada, per educarli ad amare amando Gesù e rendendoli consapevoli del valore che ognuno di loro è e della bellezza nascosta in ognuno di loro ma che il male cancella”. A questo proposito, durante l’omelia il cardinale ha parlato del Centro Padre Nostro, fondato nel 1991 da padre Puglisi come “uno dei gesti evangelicamente più rivoluzionari che potesse fare”.
L’amicizia secondo padre Pino
Ricordando quanto fosse prezioso il valore dell’amicizia per padre Puglisi e lo insegnasse ai giovani che conosceva, ai “suoi ragazzi”, oggi ormai adulti, il presidente dei vescovi italiani ha citato le parole di padre Puglisi: “Oggi alcuni pensano che l’amicizia sia una cosa da ragazzi, una esperienza poetica di gioventù, un’idea consolatoria per chi non ha cose serie da fare, o un trucco sofisticato per fare carriera e buoni affari. Al contrario l’amicizia è l’espressione di quella briciola di sacro, di etico, di spirituale presente in ciascuno di noi”.
“Ecco cosa chiedono a tutti – ha detto il cardinale Zuppi – i recenti fatti di cronaca che hanno ferito anche la città di Palermo: serietà, educazione ad una vita bella, più bella e appassionante di quella della strada e di quella strada che sono le pornografie digitali. E soprattutto tanta comunità! Così Padre Pino ci insegna che l’amore non è possesso o fisicità senza cuore, ma è sentimento, educati da Dio che insegna agli uomini ad essere umani. Padre Pino organizzò la mostra dal titolo ‘Sì, ma verso dove?’. È una domanda che ci riguarda e che poniamo a tutti, in particolare ai ragazzi. «Verso l’amore gratuito, verso la fraternità e l’amicizia vera». Verso una città umana e solidale. Verso il Regno che è già in mezzo a noi e che ci attende. «Se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto». Padre Pino il tuo frutto rimane. Grazie Beato Puglisi. Insegnaci a scrutare la Parola di Dio e il cuore degli uomini, a servire ed amare fino alla fine, a sorridere al prossimo e a costruire tanti centri Padre Nostro dove i giovani possano trovare il loro valore e la bellezza che hanno dentro e formare una comunità che sia una famiglia ed essere figli e fratelli”.