di Roberto Puglisi – Nell’ultimo binario di un uomo che ha dato amore a tutti, ora, tutto l’amore ritorna in forma di carezze, sguardi e preghiere. Il grande crocifisso della Missione di via Decollati si staglia contro il cielo azzurro. I canti e i salmi sono un’eco dolce che spinge a pensieri felici. Nella sua stanza, dietro una porticina, Biagio Conte è assopito. Tanti sono qui perché vorrebbero salutarlo, dargli un bacio. Don Pino, il suo inseparabile compagno di viaggio, veglia con cura, come Francesco, il medico, e le ‘sorelle’ della Missione che l’hanno condivisa, senza retrocedere mai. Riccardo, preziosa connessione per comunicare notizie e aggiornamenti, compito che assolve instancabilmente, passa da un abbraccio al prossimo.
Il canto, in sottofondo, è un sussurro. La porticina si apre e si chiude. Ha inizio la Messa con molte persone raccolte, a poca distanza da Biagio Conte che ha amato Palermo, ma non sempre è stato amato da Palermo. C’è una città sincera, qui, al suo fianco. Ma ce n’è un’altra che accorrerà, quando sarà il momento, e qui non c’è mai stata.
La piccola porticina si socchiude ancora. Entriamo nella stanza. Biagio è in fondo, sdraiato sul suo letto, accanto a una finestra illuminata che dà sul giardino. Il ‘Padre nostro’ è un mormorio indistinto, una risacca che culla. Il contesto è una penombra in cui si scorgono alcuni oggetti. Rimangono impressi i sandali, ai piedi del letto. Le calzature di un incessante viaggiatore del bene.
Si esce. Qualcuno rientra e si avvicina. Francesco, il medico, lo accompagna al capezzale. Poche parole di presentazione, di memoria. Gli occhi di Biagio si aprono appena percettibilmente e riversano tutto il loro azzurro-cielo nella stanza. Sulle sue labbra stanche appare un lieve sorriso.
( Fonte LiveSicilia – Roberto Puglisi)