Sei condanne oltre complessivi 50 anni di reclusione e due assoluzioni. E’ la sentenza del GUp di Messina, Simona Finocchiaro, a conclusione del processo col rito abbreviato nato dall’operazione Nebrodi della Dda della Città dello Stretto nel gennaio 2020 su una mega truffa all’Agea su cui ruotavano gli interessi dei clan di Tortorici.
Il Gup ha comminato 24 anni di reclusione al boss Sebastiano Bontempo.
Condannati anche Carmelo Barbagiovanni, a 3 anni, Giuseppe Bontempo, a 10 anni e 8 mesi, Samuele Conti Mica, a 2 anni, Salvatore Costanzo Zammataro, a 4 anni, e Giuseppe Marino Gammazza, a 8 anni e 4 mesi in continuazione con precedenti sentenze nei suoi confronti. Assolti, invece, il notaio di Canicattì Antonino Pecoraro, imputato per concorso esterno all’associazione mafiosa per avere redatto parecchi atti con cui si erano realizzate le truffe all’Agea, e Giorgio Marchese.
L’accusa era stata sostenuta dal procuratore Maurizio De Lucia, l’aggiunto Vito Di Giorgio e i sostituti della Dda Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti. L’operazione Nebrodi, eseguita il 15 gennaio 2020, aveva portato a 94 arresti e al sequestro di 151 aziende agricole. E’ stato un maxi blitz contro le truffe ai fondi Ue dell’Agricoltura organizzate da cosce mafiose. A processo, col rito ordinario, sono imputate altre 11 persone.
L’inchiesta ha delineato i nuovi assetti delle due storiche associazioni mafiose tortoriciane, i Bontempo Scavo e i Batanesi, che oltre all’egemonia nella zona nebroidea erano in grado di interfacciarsi con le “famiglie” di Catania, Enna e del mandamento delle Madonie di Cosa nostra palermitana.