• 22 Novembre 2024 19:26

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

L’ordine ribaltato: gli ultimi saranno i primi….

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

San PioX

Letture: Ez 34,1-11; Sal 22; Mt 20,1-16

Riflessione biblica

“Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi” (Mt 20,1-16). In verità, bastava cominciare dai primi. Ma è difficile accettare la logica del Vangelo: “gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi” (Mt 20,16) ed agire secondo la logica della gratuità e del dono. Tutti siamo chiamati ad instaurare il Regno di Dio, ma non con le “leggi sindacali” dell’equa retribuzione e della giustizia sociale, ma secondo la legge della gratuità misericordiosa di Dio: “Per grazia siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo” (Ef 2,8-10). Non possiamo concepire la vita spirituale in “chiave di giustizia commerciale”: ho pregato tanto, merito di più; ho fatto tanti sacrifici, merito di più. Non è questa la logica del Regno di Dio: la logica dell’amore, che non fa calcoli, ama perché ha deciso di amare; meglio, di rispondere all’amore di Dio: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10). A maggior ragione lo è anche “la retribuzione” alla fine dei tempi: la vita eterna è dono che Dio ci concede nella sua misericordia, perché la salvezza “non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che ha misericordia” (Rom 9,16). Non è importante aver lavorato molto o poco, ma è decisivo accettare l’invito a lavorare per edificare il Regno di Dio: siamo suoi collaboratori. Solo in questa prospettiva possiamo comprendere che “la paga” che riceveremo non dipende dal lavoro che abbiamo svolto, non dipende dalle nostre opere buone, ma dalla sua bontà infinita e dalla fedeltà amorosa con cui collaboriamo con Dio. La retribuzione è unica e indivisibile: la nostra comunione con Gesù per stabilire il Regno di Dio. Non accuseremo Dio di ingiustizia (Mt 20,12). Anzi saremo contenti che tutti possono essere salvi e partecipi con noi del premio della vita eterna. Dio non è ingiusto, ma ci insegna che la misericordia prevale sulla giustizia (Gc 2,13).

Lettura esistenziale

“Chiama i lavoratori e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi” (Mt 20, 8). Quando leggo o ascolto questo Vangelo penso: ma Dio, rappresentato in questa parabola dal padrone di casa che assolda lavoratori per la sua vigna, non poteva essere più diplomatico? Se proprio voleva dare agli ultimi operai la stessa paga dei primi che avevano lavorato di più, per evitare conflitti sarebbe bastato che prima avesse pagato gli operai che avevano lavorato per più tempo e poi, quando questi se ne fossero andati, togliendo la loro imbarazzante presenza, avrebbe pagato gli ultimi che avevano lavorato di meno. In questo modo si sarebbero evitati: invidie, mormorazioni e malumori. Semplice, no? E invece sembra proprio che Dio non ci eviti quelle situazioni che fanno emergere che cosa abbiamo realmente nel cuore e non ci evita nemmeno i conflitti. Anche il conflitto può diventare un’occasione per crescere, quando lo facciamo sfociare nel dialogo, nel confronto sincero, nell’ascolto, nel rispetto del punto di vista altrui e infine nel perdono reciproco. L’amicizia tra due persone si consolida anche attraverso la correzione fraterna. Ci sono due forme di correzione, entrambe importanti: la correzione attiva, quando correggiamo il nostro prossimo e la correzione passiva, quando ci lasciamo correggere. La correzione ci può venire da Dio, attraverso la voce della coscienza, la Parola, le prove, l’infermità, e ci può venire dal nostro prossimo, attraverso l’avvertimento o attraverso il buon esempio. La correzione è una delle sette opere di misericordia spirituale: ammonire i peccatori.   Ma per correggere l’altro, secondo Dio, si richiede l’umiltà, dobbiamo cioè riconoscere che tutti “manchiamo in molte cose” (Gc 3, 2) e tutti abbiamo bisogno della misericordia di Dio. La correzione va fatta per amore, per il bene altrui, senza giudizio e senza essere mossi da passioni disordinate quali l’ira o il turbamento. Va fatta con dolcezza, ma anche con fermezza, facendola precedere e accompagnare sempre dalla preghiera.