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L’incontro che guarisce

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Martedì della XXIV settimana del Tempo Ordinario

Letture: 1Tm 3,1-13; Sal 100; Lc 7,11-17

Riflessione biblica

“Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: Un grande profeta è sorto tra noi, Dio ha visitato il suo popolo” (Lc 7,11-17). Dinanzi a questa madre, provata dal dolore, Gesù ebbe compassione e compie il miracolo. “Il Signore ne sentì compassione”: c’è in quest’espressione di Gesù dell’umano e del divino. Umano: si commuove dinanzi al dolore, non è insensibile e apatico, e da Messia manifestò la tenerezza di Dio per chi soffre e l’empatia divina a favore di tutti gli uomini: “Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” (Is 53,4). Divino: “Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci ha visitato un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace” (Lc 1,78-79). In quel momento, i presenti fecero l’esperienza della benevolenza di Dio. “E tutti furono presi da timore e glorificavano Dio”: la reazione è “di timore”, non paura, ma quel sentimento di riverenza per ciò che Gesù compì con potenza divina, che risuscita persino un morto. E il cuore si riempie di gioia per la sua benefica presenza: “Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita di chi avrò paura?” (Sal 27,1). Timore e lode, un binomio che ci fa essere in comunione con Gesù e proclamare: “Un grande profeta è sorto tra noi, Dio ha visitato il suo popolo” (Lc 7,16). E lodarlo con le parole di Zaccaria: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo” (Lc 1,68-71)

Lettura esistenziale

“Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!»” (Lc 7, 11-13). Dinanzi alla vedova di Nain, una mamma che aveva perso il figlio, il suo unico figlio, Gesù è preso da compassione. Scrive l’evangelista san Luca che il Signore la rassicurò e le disse: “Non piangere!”. Gesù non rimane indifferente al dolore di questa donna, Prima di tutto se ne accorge, le presta attenzione; poi la conforta, non contrapponendo una dottrina per aiutarla a rassegnarsi al dolore per la perdita del figlio, ma principalmente partecipando al suo dolore e restituendo la vita al figlio e il figlio alla madre. Ogni persona che vive un dolore può ritrovarsi in questo racconto. Cristo si accorge della nostra sofferenza e si fa vicino a noi, rassicurandoci che per quanto essa possa essere profonda, avrà un termine. Un giorno le lacrime cederanno il passo al sorriso; i gemiti al canto; il passo lento e faticoso alla danza. Siamo fatti per la vita non per la morte. Per la gioia non per la sofferenza. Finché viviamo su questa terra però dobbiamo passare attraverso lotte e tribolazioni. Il Signore ci doni non tanto di ricercare consolazioni, ma di accorgerci di coloro che ne hanno bisogno. Di farci prossimi a tutti coloro che sono nella prova. Nessuno di noi è senza croce, non carichiamo di più i pesi degli altri ma, come ci esorta S. Paolo: “Portiamo i pesi gli uni degli altri, così adempiremo la legge di Cristo” (cfr Gal 6, 2).

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