• 8 Settembre 2024 2:20

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Le nostre Scampia

Diilsycomoro

Lug 24, 2024 #Napoli, #Scampia

 

di Francesco Polizzotti – Si torna spesso a Scampia! Per descriverne i fenomeni sociali di degrado, di malavita, di disagio giovanile, di ferita aperta mai emarginata, di architettura fallimentare, di ghetto, di “non luogo”. L’elenco dei motivi che negli anni ci hanno spesso portato a parlare di Scampia e delle sue Vele non ha mai smesso di avere lo stesso motivo ed interesse, mettendo in ombra quanti ci continuano a vivere nonostante l’attenzione mediatica, le operazioni di polizia, le uscite pubbliche della politica e il richiamo della società civile perché di Scampia non se ne faccia solo un caso studio nei tavoli istituzionali. Di recente poi è diventato quasi d’obbligo per tutti: stato, parrocchia, associazioni. Dopo il cedimento di un ballatoio al terzo piano che ha travolto anche il secondo e il primo, causando due vittime e tredici feriti, si solleva ancora una volta la rabbia non solo di chi in questo scenario continua a viverci, nonostante le contraddizioni e le speranze, il lascito infelice di un mondo raccontato dalla serie tv di “Gomorra” che non è più quello, da tempo. Scampia ricorda Mario Rossi Doria, maestro di strada noto per il suo impegno in città in progetti sociali, rimane un luogo “innervato di società civile”, in cui chi opera riconosce chi è a contatto quotidianamente con l’emergenza sociale, pure diffusissima: donne sole, figli sempre più lontani dalla scuola, povertà cronica e diffusa.

Il cedimento nel complesso della Vela Celeste rappresenta invece l’ostinazione di mantenere in piedi una struttura che rischia di collassare a piccoli pezzi, tragedia dopo tragedia. Delle 8 vele, rimane in piedi solo quest’ultima, tenuta quasi ad indicare un prima e un dopo, senza però pensare veramente al dopo. Di Scampia se n’è fatto così un museo all’aperto, con tour e rassegne dedicate per quanti studiano i fenomeni sociali, fotografi alla ricerca dello scatto più evocativo, di scrittori più o meno desiderosi di farsi paladini di “questi ultimi”, per non parlare dei media e dei programmi di approfondimento che preferiscono vendere quei moduli privi di una identità dentro una notizia di cronaca o di disagio, da utilizzare negli spazi pomeridiani offerti al pubblico.

“È giusto piangere dei figli di Napoli che perdono la vita in modo sconcertante come è accaduto a Scampia, ma fermiamoci a riflettere. Un ballatoio di un edificio delle case popolari che crolla e tragicamente fa vittime, non è opera del diavolo o dei missili di Putin. È una malevola incuria da parte dell’ente gestore delle case popolari. È un atto criminale di amministratori e dirigenti lautamente pagati che omettono – in modo camorristico – qualsiasi responsabilità perché si sentono intoccabili” sono le parole di Hillary Sedu, avvocato del distretto di Napoli, vicepresidente dall’aprile scorso dell’Ordine degli Avvocati di Napoli e attivista a supporto di iniziative finalizzate alla conoscenza del territorio, all’uscire fuori dagli spettri che accompagnano ogni integrazione. Le sue stesse origini testimoniano come il nostro Paese resta un laboratorio aperto per chi vuole davvero impegnarsi per i diritti di tutti, nonostante il vento contrario che si alza, fatto di non conoscenza e di luoghi comuni.

Nelle parole dell’avvocato Sedu c’è tutto il significato di questa drammatica vicenda. Di fronte ad una mole di denari che arrivano dall’Europa, dallo Stato (il PNRR), dagli enti locali chiamati a gestire e realizzare i progetti, che in maniera realistica vogliono  raggiungere come obiettivo la riduzione del danno, in pratica rischiano di mantenere l’esistente, senza curare gli aspetti propri di una comunità che sa riconoscersi tale. Demoliamo e ricostruiamo, magari dietro criteri avanzati e opportunamente calibrati ma le persone? Chi le aiuta se non i professionisti del sociali, gli operatori e le realtà del territorio. Per queste le risorse non ci sono quasi mai!

Sabina De Luca, membro del coordinamento Forum Disuguaglianze e diversità, intervistata da Avvenire – che dedica interi approfondimenti alla tragedia di queste ore – segnala come “criticità e problematiche sotto gli occhi di tutti da moltissimi anni, che richiederebbero interventi ben diversi. Servirebbe una strategia pluridecennale”, mentre l’impressione è che tutto cambi con i cambi di governo e di maggioranza, indebolendo alla fine i veri protagonisti della partita: gli enti locali, su tutti i Comuni e i sindaci. Il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha destinato 2,7 miliardi per i cosiddetti Piani urbani integrati delle città metropolitane, con l’obiettivo di ridurre squilibri e affrontare le situazioni di degrado nelle aree periferiche delle metropoli. Proprio a Napoli, davanti a Roma, è toccata la somma maggiore, con oltre 350 milioni. “Tutto questo sta funzionando”?  chiedono da Avvenire alla De Luca. Secondo il Forum Dd, “non è il momento di fare interventi spot e distribuire fondi a pioggia. La stessa formula dei bandi – osserva De Luca – può essere iniqua se non c’è un affiancamento della pubblica amministrazione alle realtà del Terzo settore e viceversa. La specificità delle diverse realtà va fatta emergere”.

E mentre la politica si fa attendere, il noto rapper napoletano Geolier ha scritto in un post su Instagram un pensiero che vale una intera analisi sociologica: “Siamo cinematografici ma abbandonati. Senza più lacrime, così non si può”.

Occorre dire, come su Scampia si consuma poi quello che in genere si consuma in tutte le periferie delle nostre grandi città. Gli abitanti del centro mal tollerano queste zone, se potessero se ne priverebbero, come un corpo si priverebbe di un proprio braccio o gamba considerati inguaribili, solo per il proprio quieto vivere. Chiaro! La richiesta di sicurezza resta un diritto, così come il poter offrire ai giovani modelli validi con cui crescere. Ma da Scampia non esce solo la criminalità, anzi è proprio la gente ben pensante che nei propri agi dimentica che se nasci in un contesto che ti priva  delle cose che in maniera scontata hai in altri quartieri (servizi, presenza capillare dello Stato e della buona cittadinanza, scuole supportate dal territorio, agenzie educative e insediamenti lavorativi) il rischio che un giovane incontri la camorra resta alto.

Come ricorda Roberto Saviano, autore del romanzo da cui poi è stato tratto l’omonimo film “Gomorra” afferma “i napoletani dei quartieri alti si lamentano perfino di una metropolitana che collega il quartiere degradato al Vomero, che vorrebbero tenere in una campana di vetro”. Non crediamo che sia tutto così! Qualsiasi processo di integrazione vera passa dal coinvolgimento diretto delle comunità e le infrastrutture non possono collegare mondi diversi senza prepararli adeguatamente.

Anche da noi a Messina esistono contesti ancora fortemente caratterizzati da degrado ambientale e urbanistico, con operazioni delle forze di polizia che non dovrebbero farci dormire sonni tranquilli. Nonostante importanti interventi di riqualificazione e di innovazione sociale rimangono in piedi scenari e contesti di cui anche la città più agita vorrebbe privarsene. E proprio dietro uno dei sbaraccamenti avvenuti in questi anni in città, sorge il dubbio di cosa si voglia fare in futuro. Se al posto delle baracche possa nascere un complesso abitativo che invece che rispondere al fabbisogno abitativo, rischia di riprodurre vecchi modelli urbanistici.

Si tratta del mega progetto previsto al posto dello sbaraccamento e della bonifica di Fondo Fucile (Messina), (qui il link https://www.mit.gov.it/nfsmitgov/files/media/notizia/2022-04/Rapporto_Pinqua_web.pdf ) una delle aree sottoposte a risanamento e che vedrebbero dopo la rimozione dei detriti la costruzione di un fabbricato già approvato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) a valere sui fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Fondo Nazionale Complementare (PNC). Si tratta di una serie di progetti, tra cui uno pilota previsto nella zona Camaro-Bisconte, la cui “scheda progetto”, inserita nella sezione “Rifunzionalizzazione degli ambiti di risanamento della zona Sud”1, presenta l’intervento come coerente con il fabbisogno abitativo più numeroso e con maggiori criticità dal punto di vista del degrado urbano della città e circoscritto nell’ambito Bordonaro-Gazzi, aree Fondo Fucile e Rione Taormina. Un intervento sicuramente importante, soprattutto per il carattere simbolico che riveste di rilancio del quartiere ma che non ha coinvolto come doveva le realtà del comprensorio, quelle che prima di altre conoscono i bisogni del territorio e si confrontano col disagio intergenerazionale del posto: la scuola con l’Istituto Comprensivo “Albino Luciani”, l’Oratorio don Guanella e le parrocchie, le associazioni e gli operatori sociali, gli stessi abitanti del quartiere (tratto dal Report della Caritas diocesana di Messina, “Comunità educanti”).

Davide Cerullo, scrittore, fotografo ed educatore, originario proprio di Scampia, la cui storia è fortemente legata a questo luogo, da cui ha appreso tutto (a dieci anni spacciava) e dicendo oggi di se: “Sono salvo grazie alla cultura”, sui fatti di questi giorni ha detto in maniera lapidaria: “Scampia somiglia a quei soldati che si rialzano da tutte le guerre che hanno perso”. Un’immagine cruda, che irrompe dentro gli animi anche dei più impegnati e motivati perché le cose cambino. Tuttavia, c’è una verità da cui si dovrebbe ripartire. Se cresci sapendo che ogni tuo sforzo per migliorare il quartiere ha il contrappasso di una guerra persa in partenza, sarai sempre quello che gli altri diranno di te, un perdente in partenza. Un paese come il nostro, che dell’uguaglianza formale e sostanziale ne ha fatto un principio inderogabile, può dimenticare colpevolmente che il diritto di cittadinanza passa dal diritto ai servizi, all’istruzione, al miglioramento di ogni esistenza? “Tutt ’eguale song ’e criature”, anche a Scampia!