Da quando un capitolo notevole della Dottrina sociale della Chiesa è divenuto quello della “cura della casa comune” con le encicliche Laudatosì e Laudate Deum, non possiamo esimerci dall’ascoltare il grido della terra e quello dei poveri, che interpellano Dio e le nostre coscienze. In questo caso la terra è la nostra Sicilia, attanagliata da una terribile siccità, e i poveri sono coloro che stanno subendo danni per la loro economia familiare e aziendale, senza parlare del disagio che si avverte soprattutto in alcune zone per il razionamento dell’acqua.
La richiesta dello stato di calamità che risarcisce dei danni sta trovando delle risposte: è il feedback ad un’emergenza che ha indebolito la già precaria economia agricola. Ma occorre la lungimiranza di chi considera la situazione di quest’anno un segno dello squilibrio ambientale che si potrà ancora manifestare in futuro. Nove anni fa, l’enciclica Laudato sì trattava il nostro problema in questi termini: “L’acqua potabile e pulita rappresenta una questione di primaria importanza, perché è indispensabile per la vita umana e per sostenere gli ecosistemi terrestri e acquatici. Le fonti di acqua dolce riforniscono i settori sanitari, agropastorali e industriali”(n.28).
Su questo tema è in gioco la tenuta dell’ecosistema, con il rischio che siano danneggiate le biodiversità che assicurano vita e bellezza ai nostri territori. La cura della rete idrica e la politica dei Consorzi di bonifica hanno bisogno di una svolta, alle quali si sta cercando di dare risposte che ci auguriamo non si fermino all’emergenza; ma c’è bisogno di non rimanere sordi davanti ai segni del cambiamento climatico, e non continuare, come amministratori e cittadini, nel perseguimento del paradigma tecnocratico.
L’Europa costituisce un punto di riferimento che sembra mortificare alcuni settori economici, mentre assicura, sulla scorta di esperienza di alcuni Paesi, un futuro più sostenibile. Si tratta di avere più fiducia nella scienza e nella coscienza. Le nostre scelte personali richiedono uno stile di vita nuovo nell’approccio al consumo dell’acqua, ma anche nella conservazione e nel ripristino di un sistema di riserve che per secoli ha fatto fronte a vari periodi di siccità. È quella cittadinanza ecologica di cui parla Francesco: “Tutto ciò fa parte di una creatività generosa e dignitosa, che mostra il meglio dell’essere umano” (n.211). Insomma, dal modo come usiamo e conserviamo i beni che condividiamo con tutti, diciamo di essere autenticamente umani e cristiani.