Site icon

Lampedusa, otto anni fa la tragedia. Il Parroco: “Seguiamo il Vangelo con l’accoglienza”

La differenza la fa una tomba perché, seppur in una terra lontana dalla propria, permette sempre di mantenere un legame con il proprio congiunto e di poterlo piangere, come faranno la decina di mamme tunisine che per il 3 ottobre si troveranno a Lampedusa, per andare sulla tomba dei propri figli, i cui corpi furono ritrovati, tra i 368 migranti morti nel naufragio del 3 ottobre del 2013, in quella che viene ritenuta la più grave tragedia dell’immigrazione, avvenuta nei pressi dell’isola dei Conigli. E poi c’è chi una tomba non ce l’ha, come le decine di dispersi inghiottiti dal mare quel giorno, così come tutte le migliaia di persone annegate durante i loro viaggi verso l’Europa. Per loro verrà lanciata una corona di fiori, come fece Papa Francesco l’otto luglio di quello stesso anno, soltanto due mesi prima della sciagura, quando ne gettò una tra le onde in ricordo di chi muore durante le traversate.

Lampedusa anche quest’anno ricorda i suoi morti, quei figli, quei genitori, quei mariti e quelle mogli che cercavano una nuova vita. Lo farà con il silenzio notturno nell’ora del naufragio, lo farà con la testimonianza di chi quel momento lo ha vissuto e lo farà con la presenza di quelle mamme in pellegrinaggio dopo 8 anni, che verranno accolte dalle famiglie dell’isola, forse il momento più toccante, rivela don Carmelo Rizzo, neo parroco di San Gerlando, la parrocchia di Lampedusa, perché, spiega, “sarà un momento che farà rivivere anche l’esperienza dei lampedusani nell’accoglienza più prossima”.

Exit mobile version