“L’esperienza umana e culturale di Peppino Impastato è un invito a tutti a rifiutare i condizionamenti criminali. E’ un inno alla libertà, al recupero della dignità umana. La storia di Impastato ci ha insegnato, anche, a non smettere mai di cercare la verità, a lottare per ottenerla”. Lo afferma il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando in ricordo del militante di Democrazia proletaria e giornalista, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978.
“La mafia uccide. Il silenzio pure Peppino Impastato”. Così il segretario del Pd Enrico Letta in un tweet. “Una verità che per troppo tempo è stata allontanata da un depistaggio ordito da pezzi dello Stato. – aggiunge – Impastato pagò con la vita l’avere sfidato la mafia in un territorio in cui si era stabilito un sistema di relazioni tra apparati dello Stato e mafiosi che governavano la Sicilia.
La sua figura rimane un punto di riferimento per quanti hanno scelto di schierarsi contro la mafia e i suoi legami con la politica, facendo scelte di rottura senza compromessi”. “Il recupero del Casolare dove fu ucciso è – osserva – un ulteriore contributo alla gratitudine e all’ammirazione da parte di tutti e uno stimolo anche di conoscenza dell’impegno per i diritti delle future generazioni”.
“Peppino Impastato ha raccontato la mafia nella sua Cinisi quando nessuno aveva il coraggio di nominarla. Irrideva i mafiosi, li ridicolizzava minando alla base il loro potere. Per questo l’hanno ucciso, perché stava insegnando ai siciliani a non avere paura”. Così su Facebook il deputato siciliano del Pd Erasmo Palazzotto.
“9 maggio 1978: 44 anni dal barbaro omicidio di Peppino Impastato. Ritorno a Cinisi, ed è sempre un’emozione intensa e profonda. La storia di un uomo giusto, ribelle alla mafia, precursore della rivoluzione culturale quale anticorpo sociale, la radio militante, i suoi cento passi verso la verità e la morte. La storia di compagni e depistaggi, di lotte e connivenze. Nella storia di Peppino si respira la storia. Una vita spezzata, ma tante vite che si incontrano e si uniscono per amore di Peppino, della giustizia e della verità”. Lo scrive Luigi de Magistris.