Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
San Bernardo
Letture: Ez 28,1-10; Dt 32,26-30.35-36; Mt 19,23-30
Riflessione biblica
“Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?” (Mt 19,23-30). Come al solito: Pietro ragiona alla maniera umana, guarda all’interesse che ne deriva dal seguire Gesù. Non ha compreso che il “premio” è lo stesso Regno di Dio, il “tesoro nascosto”, la “perla preziosa”: per essi ha lasciato tutto e seguito Gesù. In verità, non so cosa abbia lasciato Pietro di così prezioso, tranne la famiglia che gli dava sicurezza affettiva e il lavoro che gli assicurava il sostentamento quotidiano. Paolo riflettendo sulla nostra chiamata a seguire Cristo, ha scritto: “Considerate la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili” (1Cor 1,26). Anche la promessa della vita eterna ha senso solo se la nostra vita è un “rimanere con Gesù” (Gv 15,4), avere un rapporto profondo con lui, al punto che “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Non è questione di avere il “centuplo” di ciò che abbiamo lasciato, ma di essere partecipi con Gesù, ora nella passione e nell’umiliazione (2Cor 12,10), nel futuro di partecipare alla sua gloria nella vita eterna: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo” (Gv 17,24). Non è importante ciò che lasciamo, ma di essere sempre in comunione con Gesù: “in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza” (Col 2,3). La ricompensa della sequela è la vita eterna: “Chi semina nella sua carne (cioè nell’egoismo), dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna” (Gal 6,8). Il nostro premio è Gesù stesso: lui è la vita eterna, perché “noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna” (1Gv 5,20).
Lettura esistenziale
“In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli” (Mt 19, 23s). Il giovane ricco se n’è andato: non se l’è sentita di lasciare ciò che aveva, il suo desiderio di Dio non è sufficiente per superare le proprie paure. Gesù ne è rimasto addolorato. Commenta ad alta voce come la ricchezza diventi un gran peso, alle volte. Là dove la ricchezza non è una questione di spessore del portafoglio, ma del cuore. Possiamo essere liberi, anche se abbiamo a disposizione parecchie risorse, oppure legati mani e piedi al poco che abbiamo. Per chi fa conto esclusivo sulla proprietà e sulle sue risorse, per chi non si rivolge al Signore in una dimensione di abbandono e fiducia, è impossibile entrare nel cuore di Dio. È veramente una logica diversa quella che il Signore Gesù ci espone in questo brano: chi vuole essere potente, chi vuole essere ricco e autodeterminato, chi vuole essere onorato e ammirato deve cambiare la propria vita. Gesù insegna che per un ricco è molto difficile entrare nel Regno di Dio, ma non impossibile; infatti, Dio può conquistare il cuore di una persona che possiede molti beni e spingerla alla solidarietà e alla condivisione con chi è bisognoso, con i poveri, ad entrare cioè nella logica del dono. La storia della Chiesa è piena di esempi di persone ricche, che hanno usato i propri beni in modo evangelico, raggiungendo anche la santità. L’esempio e l’intercessione di questi nostri fratelli e sorelle, ci aiuti ad accogliere con gioia l’invito di Gesù, per entrare nella pienezza della vita.