Il volume raccoglie dieci studi di biblisti e patrologi che hanno collaborato a un progetto curato e promosso da Marco Settembrini nell’ambito di una ricerca del Dipartimento di Storia della Teologia della Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna.
Nel suo commento a Isaia, Girolamo lo ha definito «profeta del Vangelo». Gli studi raccolti nel volume convergono nell’analizzare le pagine del profeta che hanno illuminato la mente degli apostoli e di Gesù stesso, per poi essere approfondite e riprese alla luce del suo ministero. In Lc 4,21 Gesù applica a sé la figura del protagonista di Is 61 che afferma: «Lo Spirito del Signore è su di me».
Is 56; 61 e 66
Oltre a Is 61, sono studiati altri due testi strettamente collegati a questo, ovvero Is 56 e Is 66.
Is 56 apre l’ultima sezione del libro di Isaia, comunemente chiamato Trito-Isaia (anche se ci sono autori che suddividono il libro in solo due parti, 1–39 e 40–66). Il testo contiene come linea caratteristica quella di offrire la salvezza agli stranieri. Essa è annunciata dal messaggero divino di Is 61.
Is 66 chiude il rotolo profetico mostrando il mondo che si rinnova grazie alla parola celeste. È un mondo in cui cielo e terra si accingono ad accogliere, come nell’antico tempio di Gerusalemme, l’umanità convocata al cospetto del Santo.
I tre brani di Isaia sono esaminati innanzitutto a livello del testo ebraico masoretico e delle sue più antiche versioni. Questo perché si è convinti che, in tali tradizioni, si può attingere il barlume di interpretazioni primitive su cui potranno poggiare i commentatori successivi. Alcuni brani saranno esaminati secondo l’esegesi di fonti patristiche selezionate, seguendo lo stile degli scholia.
Esegesi biblica e approfondimenti patristici
Nel suo studio di apertura, Marco Settembrini si concentra sul gruppo degli stranieri, degli eunuchi e sulla rilevanza del sabato in Is 56.
La patrologa Chiara Curzel approfondisce il tema del riposo sabbatico (Is 56,2.6), caro a Israele, e che, alla luce della predicazione di Gesù, trova compimento e pienezza del giorno definitivo. Interpretata allegoricamente, l’osservanza del sabato assume un senso cosmico ed escatologico. La sua osservanza diviene immagine del rinnovamento morale dell’uomo e del suo distacco dal peccato, abbandonando l’aspetto precettistico-rituale che aveva assunto nella prassi giudaica.
Mirjam van der Vorm-Croughs studia la figura dell’Unto, del servo e dell’Emmanuele alla luce di Is 61 presente nel testo ebraico e nelle versioni greca, latina e siriaca. I Settanta vedono nell’Unto la figura del servo del Deutero-Isaia, mentre la Vulgata ne coglie i tratti messianici illustrati in Is 11 e la Peshitta pone in risalto la gloria riservata soprattutto al popolo di Israele.
Giuseppe Scimè analizza la ricezione di Is 61 nel II secolo, studiando testi di Barnaba, Giustino, Melitone e Ireneo.
Michele A. Lucchesi si sofferma su Is 61,1 tra citazioni e allusioni nei Padri del IV secolo. Egli studia anche il valore delle citazioni bibliche nella patristica. Esse approfondiscono i testi, in costante dialogo con la tradizione precedente.
Anche Paolo Raffaele Pugliese si attarda su Is 61,1: “L’olio e l’unzione divina. Scorci nella letteratura siriaca a partire da Isaia 61” è infatti il titolo del suo contributo. Il versetto isaiano dà ispirazione e forma ai gesti dell’eucologia battesimale, che si differenzia da quella del mondo latino e greco. L’olio e l’unzione diventano non solo materia e forma del sacramento, ma parola che mostra la natura e l’opera dello Spirito Santo nella vita del neofita.
Is 65–66
Filippo Manini si affatica intorno a Is 66 fra Testo Masoretico, Settanta e Vulgata. Le versioni elaborano nuovi significati a partire dalle consonanti di un medesimo testo ebraico, ora confrontandosi con lezioni divergenti. Esse affrontano le asperità del testo ebraico anche introducendo piccole variazioni.
Guido Bendinelli si confronta con Ireneo di Lione e il compimento delle promesse nella prospettiva di Is 65–66. Su questi capitoli finali di Isaia, Ireneo articola la sua dottrina escatologica informata in senso chiliastico: in contrasto con le tendenze gnostiche, egli vede una prima fase del compimento finale in una escatologia terrena (il millennio), mentre la seconda è rappresentata dalla fase celeste (i cieli nuovi e la terra nuova).
Antonio Cacciari ha intitolato il suo studio: “Caelum mihi sedes est, terra autem scabellum pedum meorum. L’interpretazione origeniana di Is. 66,1”. Il maestro alessandrino si serve di questo versetto per trattare gli “antropomorfismi” biblici, la cosmologia e l’importante questione dell’unicità di Dio.
Chiude il volume il contributo di Rocco Ronzani che illustra Is 66 nell’esegesi di Gregorio Magno. Venuta meno la polemica antigiudaica e le controversie dottrinali, l’esegesi di Gregorio Magno è ad uso del monaco e del credente in generale. «L’uomo è chiamato, in un percorso ascetico-morale e spirituale, a progredire nelle tappe della vita interiore, dai primi combattimenti della lotta contro il peccato, per mezzo dell’umiltà e della compunzione, fino al compimento escatologico della vita di Dio» (p. 12).
Settembrini riassume la ricerca affermando che in questi studi «si recepisce la persuasione che la tradizione profetica debba essere scandagliata perché, al contempo, testimone di oracoli antichi e foriera di parole capaci di riconoscere l’azione con cui Dio in ogni tempo accompagna il suo popolo verso la salvezza. Il testo biblico è scrutato in ogni suo dettaglio più enigmatico, dato che esso sempre contiene qualcosa di utile per il lettore ed è capace di dare sapienza e aprire il senso dell’esistenza del singolo e della comunità» (ivi).
Testo tecnico di studio, il volume approfondisce un elemento molto importante della teologia cristiana, a partire da testi profetici veterotestamentari ricchi di imperitura valenza rivelativa.
(fonte: settimananews.it)