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Ipocrisia

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Sandura

Lunedì della XXI settimana del Tempo Ordinario

Letture: 2Ts 1,1-5.11-12; Sal 95; Mt 23,13-22

Riflessione biblica

“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli agli uomini; non vi entrate, e non lasciate entrarci” (Mt 23,13-22). Duro, ma profetico questo “guai a voi”. Non lasciamoci impressionare, riceviamolo con decisione di vera “conversione del cuore”. I tre “guai” di oggi hanno di mira l’ipocrisia, male gravissimo che privilegia il formalismo, ma non la devozione a Dio come comunione di amore con lui. È mancanza di verità con se stessi, con Dio e i fratelli: “Chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,21). “Guai a voi, perché chiudete il regno dei cieli davanti alla gente”: il credente ha un solo pensiero: dare lode a Dio ed operare in comunione con lui: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5.16). “Guai a voi, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito”: siamo inviati nel mondo a predicare il Vangelo, proclamiamolo con le parole e con l’esempio della vita: “È forse il consenso degli uomini che cerco, oppure quello di Dio? O cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!” (Gal 1,10); offriamo la sapienza della croce per la salvezza di tutti gli uomini: “La parola della croce è stoltezza per quelli che si perdono, ma per quelli che si salvano, ossia per noi, è potenza di Dio” (1Cor 1,18). “Guai a voi, perché dite: se uno giura per il tempio, non conta nulla”: chi ha “spirito farisaico” osserva molti dettagli della legge e del culto, ma si dimentica del “comandamento dell’amore”, per perdonare e fare misericordia; si preoccupa di lunghe preghiere e sfarzose cerimonie, e dimentica di fare la volontà di Dio; fa l’elemosina con aria di superiorità, e dimentica che quel gesto lo pone in comunione con Gesù: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). E con i fratelli: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?” (1Gv 3,17). L’ipocrisia è mancanza di verità verso se stessi e di amore verso Dio e verso i fratelli.

Lettura esistenziale

“Guai a voi scribi e farisei ipocriti” (Mt 23, 15). Quando ascolto questo brano evangelico, ma anche altri brani che trattano dello stesso argomento, mi faccio sempre più convinta che Gesù soffre di allergia. A me sembra che da tutto il Vangelo risulti che ciò che Gesù sopporta di meno, o meglio, non sopporta affatto, sia l’ipocrisia, ne è allergico, gli fa arricciare parecchio il naso. L’ipocrisia è l’esatto contrario della semplicità che esprime l’unità tra quello che siamo, quello che pensiamo e quello che diciamo. Al contrario l’ipocrita dice una cosa e ne pensa e vive un’altra. Fa le cose non perché ci creda veramente, ma per essere visto e lodato dalla gente e si comporta quindi ben diversamente quando non è visto da nessuno. Dio non sa che farsene di un atteggiamento ipocrita. Per contro mi viene in mente la simpatia di Dio nei confronti del Re Davide. Davide, come si evince dalla Scrittura, non è uno stinco di santo, nella sua vita leggiamo che ha commesso adulterio, omicidio e ha versato molto sangue. Tuttavia Davide ha una spiritualità vera, si relaziona con Dio in modo sincero e schietto, non teme di riconoscere e ammettere i propri peccati. A Dio fa ricorso in ogni situazione della sua vita. Danza davanti all’arca con tutto l’entusiasmo di cui è capace; invoca Dio nella tribolazione, quando lo assale la paura per il pericolo incombente dei nemici che vogliono togliergli la vita; canta (e suona) a Lui, con gratitudine, per la protezione e la vittoria che gli concede; con cuore contrito e con fiducia, implora il suo perdono per i peccati commessi. Insomma Davide si comporta come un figlio che sa di poter contare sempre sul proprio Padre. Possa il nostro rapporto con Dio essere senza fronzoli, ma semplice e genuino, animato da confidenza sincera.

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