In terapia intensiva, l’esperienza della Fraternità Amici del Buon Pastore

di FraPè – La Fraternità Amici di Gesù Buon Pastore che vive a Rometta, un piccolo centro vicino Messina, è un La fraternità francescana mariana composta da sacerdoti, frati e suore. Nasce come risposta alla chiamata specifica di Gesù che invita alcuni a seguirlo prolungando il suo ministero di Buon Pastore e, facendosi poveri con i poveri, prediligono gli ultimi e gli esclusi, curandone le ferite. Lo specifico della Fraternità è vivere le opere di misericordia corporale e spirituale. Da qualche tempo svolgono il loro servizio all’ospedale Papardo di Messina. Quella che riportiamo sotto è la testimonianza di fratelli e sorelle che si fanno “prossimo”, che condividono le speranze, le gioie ma anche i dolori di ogni figlio e figlia di Dio e di conseguenza sorella o fratello nostro.

Una testimonianza di chi quotidianamente è a contatto con fratelli e sorelle in terapia intensiva…

ospedale-297x300 In terapia intensiva, l'esperienza della Fraternità Amici del Buon Pastore“Visitare la Terapia intensiva dell’ospedale di cui siamo Cappellani è sempre dura. Non solo quando vedo gli ammalati che ci sono ma anche i medici e gli operatori sanitari che vi operano.

Avere a che fare con una sofferenza così cruda… non che in altri reparti non lo sia o non sia difficile, ci mancherebbe… ma quando vedo pazienti e dottori, infermieri che sono tutti sospesi a fili sottilissimi, ad ogni passo, in quel reparto non si può che invocare ancora più efficace la presenza forte dello Spirito Santo, la presenza viva di Gesù, la forza e la tenerezza del Padre, la guarigione secondo la Sua volontà.

È un continuo, sordo dolore…

Come Maria sotto la croce…

Fra pazienti sofferenti, parenti lontani che non possono tener loro la mano… dottori che lottano per salvarli.

E non puoi far altro che chiedere sottovoce, camminare in punta di piedi, lentamente, senza quasi spostare l’aria, mentre vedi tutti, grazie a Dio, indaffarati, a curare, a lenire, a svegliare, a sorridere a qualche paziente pur di dar loro un briciolo di normalità, per non farlo sentire crocifisso in quel letto ancora, per non far trasparire apprensione o paura… mentre li vedi lottare magari contro la loro stessa empatia, e non sai, per ciascuno, quanto questo durerà.

Allora stai lì, ti fermi, scambi 4 parole coi medici e li sostieni a tuo modo, li benedici, poi ti fermi, congiungi le mani e chiedi che Dio si faccia fortemente sentire.

Ogni volta che entro in una terapia intensiva penso che ci io sto solo entrando e ne sto uscendo… mentre per loro è la quotidianità.

E ti rimane tutto dentro…

Oggi ho incontrato un’altra dottoressa che mi ha detto “il nostro sostegno è Lui… almeno per me”; e al pensiero che Quello stesso sostegno lo chiede per ogni ammalato che cura, accarezza e nutre, ho lodato Dio per lei e per chi lo fa comunque con e per amore.

Quando cammino fra queste situazioni la vita acquista un senso diverso: certe cose perdono i contorni e altre diventano essenziali…

Dio sia sostegno per chi fa germogliare l’amore nel dolore… Dio sia benedizione per chi diventa amore quando nessuno se ne accorge… quando la fuori ognuno pensa a sé stesso”.

Questa è fraternità, una fraternità che si sperimenta anche nel poter far nulla, ma il sorriso che gli occhi esprimono sopra la mascherina è una carezza che arriva al cuore dell’ammalato… è la carezza e lo sguardo del Buon Pastore che non lascia mai solo il suo gregge.

Exit mobile version