Nuove pesanti condanne per il clan di Porta Nuova, quartiere storico della mafia palermitana. Associazione mafiosa e pizzo diffuso. Ma la novità è che per la prima volta si erano costituiti parte civile gli operai di un’impresa edile, oltre all’imprenditore, perché erano stati loro i primi a subire le minacce degli uomini del racket. E proprio per questo saranno risarciti come vittime delle violenze e intimidazioni di “cosa nostra”.
La prima volta che accade non solo in Sicilia ma in tutta l’Italia. Un nuovo passo avanti nella crescita della reazione della comunità contro il potere mafioso, fortemente supportato da Addiopizzo che ha sostenuto sia l’imprenditore che gli operai nella loro coraggiosa decisione. Il processo è nato dall’operazione “Vento” dei carabinieri del luglio 2022. Tra i condannati Tommaso e Calogero Lo Presti, zio e nipote, “la belva” e “il lungo”, definiti “i pilastri” della mafia di Porta Nuova. Usciti da poco dal carcere dopo una lunga detenzione, sono stati condannati rispettivamente a 20 e 16 anni di carcere.
Venti anni non solo di denunce ma soprattutto di sostegno a chi decide di denunciare il pizzo. Come in questa occasione. L’imprenditore e gli operai hanno così raccontato, ricostruendo i fatti con dovizia di particolari, l’asfissiante strategia estorsiva subita e sfociata anche nelle ripetute minacce di interrompere i lavori di ristrutturazione di un immobile situato nel mandamento mafioso di Porta Nuova. Una storia con “un lieto fine” riflette ancora l’associazione ma che “racconta in controluce la persistenza del fenomeno estorsivo nel settore dell’edilizia dove c’è bisogno che le organizzazioni datoriali del comparto e i sindacati di riferimento si facciano concretamente sentire nei confronti dei loro iscritti”.
Invece, denuncia Addiopizzo, “ci sono aree della città e della provincia di Palermo dove imprenditori e operai hanno serie difficoltà a lavorare dato che altre imprese edili in cambio delle estorsioni pagate si accaparrano forniture e lavori con la protezione di Cosa nostra”. Tale fenomeno non può essere ignorato visto che oltre a colpire chi vuole fare impresa sana e lavorare onestamente, altera e sterilizza le regole del libero mercato e della concorrenza anche a danno dei cittadini-consumatori”. Addiopizzo ricorda con soddisfazione come “negli ultimi due decenni grazie al lavoro di magistrati e forze dell’ordine e con l’ausilio di associazioni realmente operative, a Palermo sono maturate centinaia di denunce di operatori economici che si sono opposti a “cosa nostra” e che dopo tale scelta sono riusciti a proseguire la loro attività economica in condizioni di normalità”.