In 50mila in piazza San Pietro, il 25 aprile, per sostenere l’appello alla pace di papa Francesco, per far sentire la presenza dell’Azione cattolica nel Cammino sinodale della Chiesa italiana, per rinsaldare quel rapporto tra Ac e Paese che passa anche dall’attenzione costante ai principali temi politici e sociali. Lo sguardo va in particolare alle riforme istituzionali, che hanno elementi «preoccupanti», come spiega il presidente nazionale Giuseppe Notarstefano con riferimento soprattutto all’autonomia differenziata.
L’Ac torna in piazza San Pietro per ricevere l’abbraccio di papa Francesco: cosa ha spinto l’associazione a cercare questo momento di festa e di preghiera?
Cosa dirà l’Ac al Papa?
Vogliamo ringraziarlo per la croce portata nei giorni della pandemia, per la voce di pace che costantemente si leva tra venti di guerra, per il cammino sinodale che ha proposto alla Chiesa. Proprio sul fronte dello stile sinodale intendiamo mettere a disposizione del Pontefice e di tutti i nostri vescovi l’esperienza associativa. Un’esperienza fatta di discernimento comunitario, scelte condivise, percorsi democratici che costruiscono unità e non divisione.
In diverse circostanze papa Bergoglio ha lanciato messaggi importanti proprio durante incontri di Azione cattolica. Accadrà anche il 25 aprile?
Questo non possiamo saperlo, il Papa ci sorprende sempre, ma siamo ben lieti di essere uno strumento attraverso cui il Pontefice possa far giungere un messaggio forte a credenti e non credenti. Nel 2017 papa Francesco ci incoraggiò a “non essere più restrittivi della stessa Chiesa né più papisti del papa”. Sono parole che sono circolate molto in questi anni.
Ed è così che nasce il titolo del 25 aprile, “A braccia aperte”
Ci sono impegni specifici che l’associazione sta assumendo in questa fase assembleare?
Ce ne sono molti, e saranno al centro dell’Assemblea nazionale che inizierà subito dopo l’incontro con papa Francesco. Prendere sul serio il Sinodo, innanzitutto. L’impegno politico e culturale, il contrasto agli abusi, la costruzione di reti solide con altre realtà della società civile. Dalla lotta alla povertà alla pace e al disarmo, dalla sostenibilità all’accoglienza dei migranti, l’Azione cattolica vuole collaborare con chiunque voglia disegnare il futuro e non arrendersi agli schemi del passato.
L’associazione è sempre attenta al dibattito nel Paese. In Parlamento sono in discussione riforme che fanno discutere e che dividono. Cosa ne pensa?
Condivido la preoccupazione per il progetto autonomista: rischia di minare l’unità del Paese e di aggiungere ulteriore caos nei rapporti tra le istituzioni, senza risolvere alcun problema concreto anzi aggravandone alcuni. Quanto al premierato, ritengo che sia un interesse nazionale salvaguardare il ruolo del presidente della Repubblica, decisivo per tenere in carreggiata il Paese nei momenti in cui rischia di perdere la rotta.
Sui temi etici le coalizioni sono divise. E anche l’Europa sembra voler influenzare i dibattiti nazionali.
La mia sensazione è che nel vuoto di proposte economiche e sociali i partiti nazionali tirino fuori i temi sensibili per darsi un’identità davanti agli elettori, ma senza alcuna volontà di affrontare le questioni in profondità. Proprio alla luce di questa situazione, condivido chi dice che pronunciamenti e pressioni dell’Ue su questi temi aumentino la confusione. Non è un buon segnale che l’Europa viri su questioni divisive e che interrogano le coscienze mentre non riesce ad articolare una risposta sui conflitti e sulle questioni sociali del Continente.
Per l’Ac le Europee che appuntamento saranno?
Un appuntamento importante. Astenersi corrisponde a disinteressarsi del nostro stesso futuro. Ed è ben possibile, pur nelle contraddizioni del quadro interno, individuare proposte politiche e candidature che possono ridare forza e senso al sogno europeo. L’Europa non tornerà mai a scaldare i cuori se la considereremo solo una “necessità pragmatica”, l’Europa ha bisogno di riappassionare i cittadini intorno a obiettivi e sfide di cui sentirci protagonisti. Guai, ad esempio, a tornare al pensiero secondo cui la cura del Creato sia un “peso” per il benessere economico.
(fonte Avvenire)