Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Lunedì della V settimana del Tempo Ordinario
Letture: 1Re 8,1-7.9-13; Sal 131; Mc 6,53-56
Riflessione biblica
“E lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati” (Mc 6,53-56). Niente di particolare, ma un sommario dell’attività taumaturgica di Gesù nei confronti dei malati. Non si ferma Gesù: va di villaggio in villaggio, nelle città e nelle campagne, e ovunque porta il lieto annunzio e si presenta come il Messia, che porta la buona notizia ai poveri, dà la vista ai ciechi, fa camminare gli zoppi, libera gli oppressi dal demonio (Lc 4,18). “E dovunque giungeva lo supplicavano di poter toccare almeno il suo mantello” (Mc 4,56). Non è superstizione! Ma grido di disperazione dinanzi al male che a volte opprime il nostro corpo e la nostra anima. È fede in Gesù, che ci comunica la tenerezza e la misericordia di Dio nei momenti difficili della nostra fragilità fisica, psichica e spirituale: “Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature” (Sal 145,9). Anzi, tale tenerezza divina per le nostre miserie si è resa manifesta in Gesù: “Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci ha visitato un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte” (Lc 1,78-79). Gesù si lascia toccare e mostra “la sua compassione” verso di noi, che abbiamo bisogno di essere guariti e di camminare in pienezza di vita. Egli ci tocca con la sua parola di verità e ci libera dalla tenebre della menzogna: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32). Egli ci tocca e ci guarisce con i suoi sacramenti di grazia, che ci guariscono dalle nostre fragilità e ci fortificano nel cammino secondo lo Spirito: “Liberati dal peccato e fatti servi di Dio, raccogliete il frutto per la vostra santificazione e come traguardo avete la vita eterna” (Rom 6,22). Ma soprattutto ci tocca e ci guarisce, facendoci attivi nell’amore: “Agendo secondo verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa tendendo a lui, che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, ben compaginato e connesso, con la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, cresce in modo da edificare se stesso nella carità” (Ef 4,15-16).
Lettura esistenziale
“Là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati” (Mc 6, 56). Comunicare al Corpo di Cristo è più che toccare il lembo del mantello di Gesù. Quando riceviamo l’Eucaristia, “farmaco d’immortalità”, con le dovute disposizioni, entriamo in comunione con la vita stessa di Gesù ed essa, mentre ci unisce più intimamente a Cristo, ci apre anche agli altri, ci rende membra gli uni degli altri. Dal dono di amore di Cristo proviene la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società più fraterna.
La comunione eucaristica mi unisce alla persona che ho accanto, e con la quale forse non ho nemmeno un buon rapporto, ma anche ai fratelli lontani, in ogni parte del mondo. Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, lo riconosce anche nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, nudo, malato, carcerato; ed è attento ad ogni persona, si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità.
La nostra fede, infatti, se è reale non può essere limitata alla sfera del sentimento, delle emozioni, ma deve entrare nel concreto della nostra esistenza, deve toccare cioè la nostra vita di ogni giorno e orientarla anche in modo pratico.